Un argomento spesso portato da chi è contrario alle vaccinazioni è il seguente: molte vaccinazioni non danno una copertura perenne, essi affermano, per cui si rischia di essere contagiati in età adulta, quando i sintomi e le complicazioni possono essere ben più gravi. Mi riferisco in particolare a malattie come la rosolia, il morbillo, la parotite, la pertosse o la varicella. Vorrei pertanto chiarezza su questo punto da una fonte che considero autorevole (i medici per l'appunto): esiste effettivamente questo rischio? In quali casi, se esistono, gli anticorpi che l'organismo ha sviluppato in seguito ad una vaccinazione sono "meno efficaci" di quelli che acquisirebbe in seguito alla malattia?

La risposta immunitaria ad una vaccinazione, e di conseguenza l'efficacia della immunizzazione da essa indotta, dipende da numerosi fattori, sia legati all'ospite che al tipo di vaccino. E' praticamente impossibile accennare anche brevemente a tutti i fattori endogeni ed esogeni che modulano la risposta immune ai vaccini. E' possibile però affermare con assoluta certezza che i vaccini a nostra disposizione sono formulati in modo tale da essere sufficientemente immunogeni (cioè in grado di stimolare una produzione di anticorpi). Ovviamente, ogni vaccino è diverso dagli altri, anche in relazione alla diversità della malattia per la quale si intende vaccinare.

Per questo, soltanto studi epidemiologici accurati sull'incidenza di una determinata malattia nella popolazione vaccinata possono darci informazioni non equivoche sulla durata dell'immunità conferita dalla vaccinazione; e gli stessi titoli anticorpali indotti dalla vaccinazione offrono soltanto qualche indicazione indiretta, utile solamente nella misura in cui ne siano ben presenti significato e limiti. Fatte queste premesse, ritengo opportuno dare qualche breve cenno sulle vaccinazioni usualmente praticate in Italia per meglio rispondere al quesito in oggetto. L'immunità contro alcune malattie come Tetano e Difterite è sicuramente molto duratura. Tuttavia, considerato che con il passare del tempo il titolo anticorpale tende a diminuire, il numero dei non protetti è destinato ad aumentare creando condizioni predisponenti epidemie (ci riferiamo alla difterite). Sono pertanto consigliati richiami ogni 10 anni. Sebbene, va detto per inciso, il rischio di epidemia diventa elevato quando circa il 30% di una popolazione presenta livelli anticorpali non protettivi! Il vaccino contro l'Epatite B conferisce un titolo anticorpale che tende a diminuire a distanza di uno o più anni dal termine del ciclo di immunizzazione primario e si ritiene che la protezione indotta dal vaccino abbia una durata di circa cinque anni. Tuttavia è discussa l'opportunità di ulteriori richiami, soprattutto nei soggetti che a distanza dalla vaccinazione presentano titoli anticorpali inferiori ai valori soglia considerati protettivi. Il vaccino anti-poliomelite ha una capacità immunogena molto simile a quella del virus selvaggio. Tuttavia, nei paesi industrializzati numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che una quota non indifferente di adolescenti e giovani adulti presenta livelli bassi o indosabili di anticorpi.

Ma l'assenza di livelli anticorpali specifici a diversi anni dalla vaccinazione non significa necessariamente scomparsa dell'effetto protettivo conferito dalla vaccinazione, tant'è che basta un richiamo per indurre una pronta e consistente risposta secondaria. Questi dati hanno sollevato seri dubbi sull'utilità di eventuali richiami in età adulta. Analogo discorso vale per la vaccinazione anti-Morbillo, Rosolia e Parotite, per le quali diversi dati sierologici ed epidemiologici depongono per una immunità duratura ed una elevata efficacia della vaccinazione stessa. Per altre malattie, come la Pertosse o l'Haemophilus influenzae di tipo b (Hib), la vaccinazione costituisce l'unica forma di prevenzione efficace e gli anticorpi indotti dal vaccino persistono a livello protettivo per circa 2-4 anni; ma siccome si tratta di patologie tipicamente dell'età pediatrica, questo in parte riduce l'importanza di una memoria immunologia duratura nella popolazione generale. In conclusione, i vaccini a nostra disposizione sono efficaci e conferiscono immunità duratura, anche se per alcuni di essi è richiesto un richiamo a distanza di anni.

Ovviamente esistono dei soggetti "non responder" che cioè, per loro caratteristiche "fisiologiche", non sviluppano l'immunità post-vaccinale. Ma questo aspetto non può certamente indurre a rivedere la strategia vaccinale! D'altra parte il problema della durata dell'immunità indotta dalla vaccinazione è destinato a diventare sempre più rilevante. Infatti, il progressivo allungamento della vita media costringe ad una revisione dello stesso concetto di "immunità permanente" in quanto si assiste nel soggetto anziano al ripetersi di infezioni già contratte in età giovanile. Se ne deduce che anche la "memoria immunologia" naturale ha carattere temporale. Tutto questo porterà verosimilmente nel prossimo futuro alla revisione della strategia vaccinale.

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