Perchè è necessario diagnosticare precocemente una sordità? Ho letto che è possibile, con delle nuove metodiche, arrivare ad una diagnosi precoce di sordità già nelle prime settimane di vita. Ma perché è così importante riconoscere così presto una mancanza di udito? Che vantaggi ci sono ad anticipare la diagnosi se poi il bambino rimarrà sordo per tutta la vita?
Quello che la gentile lettrice scrive è vero: siamo di fronte ad una nuova era nel trattamento del deficit uditivo. I dati scientifici e clinici disponibili mostrano ormai con assoluta evidenza che gli effetti di perdite uditive nei bambini possono essere ridotti in maniera drastica.
I bambini con deficit uditivi anche molto gravi sono ormai in grado di acquisire delle capacità cognitive e di linguaggio "normali" nonostante siano "tecnicamente sordi". E lo stesso termine "sordomutismo" dovrebbe ormai sparire dal vocabolario di un paese civile!
Questa nuova consapevolezza è il risultato degli ultimi 3-4 anni di ricerche e progressi nel settore, a cominciare dai metodi di riconoscimento estremamente precoce della sordità, dal settore delle protesi acustiche applicate già a 2-3 mesi di vita, per finire con le tecnologie per la realizzazione delle neuroprotesi (impianti cocleari) nel bambino di età inferiore a 1-2 anni.
La percentuale dei bambini "normali" (nati a termine, a seguito di una gravidanza priva di complicazioni, con nessun fattore di rischio uditivo nell’anamnesi familiare) che nascono con un deficit uditivo è del 2 per 1000. Se si considera anche la popolazione a rischio uditivo, l’incidenza della sordità infantile sale ad oltre il 3-5 per 1000.
Questi sono bambini che rischiano di vedere irreparabilmente pregiudicata la loro futura integrazione sociale. Infatti l’età media in cui viene effettuata la diagnosi della sordità rimane ancora prossima ai tre anni, laddove proprio un intervento entro il primo anno di vita sembra essere il periodo cruciale per l’apprendimento ed il pieno sviluppo del linguaggio.
Le strutture cerebrali collegate all’orecchio interno, successivamente alla nascita, richiedono un’ulteriore maturazione, che dipende strettamente dalla presenza di stimoli uditivi. Così un deficit uditivo congenito è causa di vere e proprie carenze fisiologiche e di un inadeguato sviluppo delle strutture uditive centrali, e, verosimilmente, delle aree corticali associative. Non solo: il cervello del bambino si sviluppa anche in relazione al complesso di stimoli che riceve.
I bambini con un deficit uditivo identificato tardivamente non riceveranno fin dalla nascita un’adeguata stimolazione e i circuiti nervosi preposti alla comprensione del linguaggio non si svilupperanno mai completamente.
Al contrario, i bambini la cui sordità viene identificata immediatamente e che vengono sottoposti ad un trattamento adeguato possono apprendere e "fare progressi" in maniera del tutto paragonabile ai bambini con un udito normale, indipendentemente dalla gravità del loro deficit uditivo, almeno per le sordità che non richiedono un impianto cocleare. I risultati clinici al riguardo sono sorprendenti.
Solo sei mesi di ritardo risultano decisivi. Anche un deficit uditivo medio, se non adeguatamente trattato, può essere infatti causa non solo di disturbi nell’apprendimento ma anche di problemi psicologici e sociali. Inoltre, i difetti nella emissione vocale, che in un sordo profondo possono culminare nel mutismo o in disfonie gravissime, sono esclusivamente provocati dalla impossibilità del bambino di correggere e sviluppare una voce naturale in quanto "non si sente parlare" e non può confrontare la propria voce con quelle dei componenti la sua cerchia familiare.
Ciò è causa di un ulteriore problema, inerente alla comprensione del linguaggio: l’impossibilità di comprendere quanto gli si dice impedisce al bambino nato sordo (sordità pre-linguale) di sviluppare a pieno le proprie capacità non solo linguistiche, ma anche di comprensione di una realtà circostante e di uno stile di vita precipuamente basati sulla comunicazione orale.
Come noto, da ormai molti anni il sordomutismo non viene più riconosciuto come un handicap in quanto tale. E’ infatti possibile fare dell’ottima rieducazione della voce (logopedia) anche nel caso delle sordità più profonde, seguendo le terapie più opportune. In questo settore sono stati compiuti molti passi avanti nel corso dell’ultimo decennio. Ma per molti bambini con problemi di udito l’opportunità di sfruttare compiutamente la primissima fase della riabilitazione precoce è persa, laddove fin dalla nascita sarebbe invece possibile accertare l’esistenza di un deficit uditivo.
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