Che cos'è l'influenza?
L'influenza è una comune malattia infettiva acuta, trasmessa da un gruppo di virus specifici, detti virus influenzali. Essa è sostanzialmente caratterizzata da sintomi di tipo respiratorio e dal fatto di presentarsi con epidemie, tipicamente nella stagione invernale, che coinvolgono ampie fasce della popolazione sia adulta che infantile. Nella maggior parte dei casi non si tratta di una malattia grave, ma sicuramente è fastidiosa e impegnativa, soprattutto per i soggetti più deboli, nei quali può complicarsi con altre infezioni. In casi eccezionali, l'influenza ha causato epidemie mondiali molto gravi: si ricorda la cosiddetta "spagnola" del 1918, la "asiatica" del 1957 e la "Hong Kong" del 1968.
Da cosa è causata e come si trasmette l'influenza?
Come detto, la causa dell'influenza è uno specifico virus, detto virus influenzale. Di esso esistono tre tipi, ma il più importante è il cosiddetto virus influenzale A. Questo virus ha una caratteristica molto importante: è in grado di cambiare e di modificarsi da un anno all'altro. Ciò fa si che esso sia sempre nuovo e che quindi sia possibile contrarre l'influenza anche se la si è avuta l'anno precedente. Per la stessa ragione, come vedremo più avanti, non è facile preparare un vaccino unico, che dia una protezione per più anni.
Il virus influenzale si trasmette da una persona l'altra attraverso le microscopiche goccioline di saliva che ciascuno di noi emette quando parla o tossisce. Fra bambini piccoli, un ruolo importante può avere lo scambio di ciucci, giocattoli o indumenti da poco insalivati. Quindi, il contagio avviene esclusivamente dal malato al sano: non è possibile ammalarsi per interposta persona o semplicemente per essere stati in un ambiente dove era passato qualcuno ammalato.
Per la stessa ragione, il freddo o i colpi d'aria non hanno un ruolo nella trasmissione del contagio; al massimo, possono costituire una causa favorente perché indeboliscono l'organismo. Il malato è contagioso già nelle 24 ore precedenti l'inizio dei sintomi (da cui l'oggettiva impossibilità di prevenire le epidemie) e lo rimane per circa una settimana, con un massimo di contagiosità che coincide con i primi giorni.
Il periodo di incubazione, cioè il tempo che passa fra il contagio e l'inizio dei disturbi, è di 1-3 giorni. La fase acuta dura 4-5 giorni e normalmente i sintomi scompaiono completamente nel giro di una o due settimane.
Come si manifesta l'influenza?
L'elemento caratterizzante dell'influenza è la tracheite, cioè l'infiammazione della trachea (la parte delle vie respiratorie, compresa fra la gola e i bronchi). Il suo sintomo tipico è una tosse diversa dal solito, molto rumorosa, con un timbro quasi metallico, spesso definita come "un cane che abbaia" oppure "un suono di corno". La tosse della tracheite non è una tossetta fine e continua, ma piuttosto una tosse che si manifesta con attacchi importanti, che possono portare anche al vomito; un elemento che permette di individuarla è il dolore in mezzo al petto, come un bruciore che si accentua quando il paziente tossisce. Essa può persistere per molti giorni dopo la fase acuta iniziale e riacutizzarsi a causa di agenti irritanti, quali il freddo o il fumo.
Oltre alla tosse, il sintomo più frequente e importante è il malessere generale, con uno stato di debolezza, dolori muscolari e mal di testa. La febbre può mancare, ma di solito è invece molto alta e si prolunga per giorni e giorni. Inoltre, spesso sono presenti la rinite, cioè raffreddore con naso chiuso e secrezione acquosa, la faringite, cioè infiammazione della gola con dolore alla deglutizione, e la congiuntivite, con occhi arrossati e lacrimanti. qualche volta, ma non in maniera costante, sono presenti anche sintomi a carico dell'apparato digerente: vomito (soprattutto in relazione con le crisi di tosse) e diarrea.
Come affrontare e curare i principali sintomi dell'influenza
L’influenza è una malattia virale, il cui decorso normalmente non può essere modificato da alcuna terapia; per questo, non parliamo di "cura dell’influenza", ma solo di cura "dei sintomi". In altre parole, l’approccio ad un malato con l’influenza deve consistere nell’alleviarne i disturbi per qualche giorno, nell’attesa che la malattia spontaneamente si risolva (a meno di complicazioni, che vedremo sotto come individuare e affrontare). Importante è il riposo, meglio se a letto, per aiutare l'organismo a combattere da sé il virus. Visto che il sintomo principale dell’influenza è la tosse secca profonda, i principali rimedi consistono nel cercare di renderla più grassa e bagnata (con l’uso di mucolitici, ma anche di semplici ed efficacissime inalazioni caldo-umide: i vecchi suffumigi della nonna) e di calmarla, almeno nelle ore notturne (con l’uso di qualche sedativo della tosse, scegliendo fra diversi tipi a seconda dell’età del bambino: per i più piccoli si usano quelli ad azione sui bronchi, mentre per i più grandi si possono usare quelli che agiscono sul centro della tosse nel cervello).
L’altro problema da affrontare è la febbre. Per abbassarla, si deve normalmente fare ricorso a farmaci antifebbrili (il meno problematico è il paracetamolo, che rappresenta quindi il farmaco antifebbrile di primo impiego; da evitare, invece, l'aspirina, a meno che non sia espressamente consigliato dal pediatra) e, soprattutto, a semplici precauzioni che aiutino l’organismo a disperdere calore (non vestire troppo il bambino, farlo bere, fargli delle spugnature sulla fronte o, addirittura, un veloce bagnetto in acqua tiepida). E’ importante però sapere che la febbre non deve essere abbassata per forza (per la paura che possa essere pericolosa), ma semplicemente perché a febbre alta normalmente si associano disturbi generali (mal di testa, indolenzimento diffuso), che di solito comportano una sofferenza per il bambino. In altre parole, bisogna guardare alle condizioni generali: anche con una temperatura superiore ai 38-38.5°C si può evitare di dare farmaci, se il bambino è tranquillo e riposa bene; al contrario, un mal di testa fastidioso richiede una terapia anche senza febbre.
Se è presente un raffreddore importante, con il naso molto chiuso, si può ricorrere a lavaggi con acqua o apposite soluzioni umidificanti, avendo però sempre presente che l’unica cura per il raffreddore è "soffiare il naso".
Che alimentazione è consigliata? Qualsiasi malattia impegnativa per l’organismo normalmente comporta un periodo di inappetenza e l’influenza non fa eccezione, soprattutto in bambini che già di per sé non brillano per appetito. La cosa non deve essere vista come un problema, in quanto è solo il segno che l’organismo non ha le sue normali capacità digestive e quindi non vuole essere sovraccaricato. Così come non pretenderemmo che un bambino indebolito salisse le scale di corsa, così certamente non possiamo obbligarlo a finire un pasto che non è capace di digerire.
Come comportarsi, quindi? Fornendo soprattutto liquidi, indispensabili per combattere la febbre e fluidificare il muco, e zuccheri, che forniscono calorie in forma rapida e leggera. Allora, vanno bene spremute e succhi di frutta (magari diluiti con acqua), tè zuccherato, pane e marmellata, miele, pasta, riso, frutta e qualche caramella. Il tutto sempre senza forzature. Da sconsigliare, invece, cibi complessi o troppo conditi, brioche e merendine con creme, fritture, formaggi grassi, frutta secca o cioccolato. Se è presente vomito, è importante mettere subito a riposo lo stomaco con qualche ora di digiuno, seguita poi da una idratazione prudente (acqua o tè zuccherati in piccole quantità e di frequente, diciamo un cucchiaino ogni 5 minuti); meglio per un po’ evitare cibi solidi o latte, che metterebbe solo in difficoltà un organismo già provato dalla malattia. Se è presente diarrea, proseguire con molti liquidi e tenere una alimentazione leggera, priva di fibre e latticini per qualche giorno.
Quando si usano gli antibiotici nell’influenza? Teoricamente mai. In pratica, a volte si è costretti a farlo per prudenza, quando la malattia si prolunga o i sintomi sono particolarmente acuti o il bambino ha una storia di infezioni ricorrenti complicate. Non sempre è facile individuare tempestivamente una complicazione, per cui nella nostra esperienza capita di consigliare un antibiotico se il quadro non migliora (ad esempio, la febbre non passa entro 3 o 4 giorni). In totale si calcola che l'influenza si complica nel 10% dei casi (cioè in un paziente su dieci) con una sovrainfezione batterica, ovvero con una malattia localizzata causata da un batterio (cioè da un germe diverso dal virus influenzale), che sfrutta l'indebolimento generale per svilupparsi. Le complicazioni più frequenti sono le broncopolmoniti (il cosiddetto "focolaio" al polmone), le otiti e le sinusiti. Fra le possibili complicazioni legate alla terapia, si segnala la rara sindrome di Reye, causata da una interferenza fra il virus e l'aspirina, che per questo non viene più utilizzata.
Come distinguere l’influenza da altre malattie? Quando chiamare il pediatra?
I sintomi dell'influenza, presi uno per uno, sono comuni a molte altre malattie virali del periodo invernale. Ciò che rende l'influenza facilmente individuabile è essenzialmente il fatto che coinvolge di solito più persone all'interno della famiglia. Fra Pediatri diciamo che si tratta di influenza "quando è a casa ammalato anche il papà". In effetti l'associazione di febbre alta e tosse profonda, in più persone della stessa famiglia o dello stesso ambiente lavorativo, soprattutto se nel periodo delle feste natalizie o subito dopo, permette di parlare di influenza. Visto, come detto, che l’influenza non richiede di fatto terapie particolari, una famiglia bene informata può essere perfettamente in grado di gestirla senza panico né fughe precipitose in ospedale (come purtroppo si vede in tv), a condizione che sappia distinguere alcuni segni importanti che, al contrario, richiedono l’intervento del Pediatra. Sono due i problemi che si pongono a questo proposito: all’inizio, capire se si tratta o no di influenza; successivamente, in corso di influenza accertata, capire se il decorso è normale o si sta complicando.
Per dare un orientamento generale, proviamo a distinguere le situazioni nelle quali non è necessaria una visita del pediatra (perché banali o che comunque non danno adito a dubbi), da quelle nelle quali una visita è opportuna.
E’ utile una visita del Pediatra:
- se la secrezione nasale è giallo-verdastra da parecchi giorni, in quanto potrebbe sospettarsi una sinusite;
- se è presente mal d’orecchio, in quanto va verificata la possibile presenza di una otite;
- se la tosse è secca e continua, magari con un certo affanno e senza febbre, in quanto potrebbe trattarsi di una crisi d’asma;
- se i sintomi sono febbre e mal di gola, senza tosse, in quanto potrebbe trattarsi di una faringite o una tonsillite;
- in corso di influenza accertata, se la febbre persiste oltre 3-4 giorni oppure se, dopo un intervallo di qualche giorno senza febbre, la temperatura risale;
- in corso di influenza accertata, se la tosse si prolunga o cambia caratteristiche, diventando secca, stizzosa e continua;
- in qualsiasi momento, se le condizioni del bambino appaiono peggiorate, se appare poco vigile o reattivo e non risponde ai farmaci antifebbrili, se continua a vomitare o se "ha una brutta cera" non giustificabile dal resto dei sintomi.
Al contrario, non è utile che il bambino venga visitato dal pediatra in queste situazioni:
- una secrezione dal naso, acquosa e abbondante, è una semplice rinite o raffreddore comune, che richiede solo di soffiare il naso o qualche lavaggio con soluzioni umidificanti;
- se la tosse è catarrale e si accentua soprattutto al risveglio e nelle prime ore del sonno, allora verosimilmente si tratta di un catarro alto (fra naso e gola), magari in relazione con un ingrossamento delle adenoidi;
- se sono presenti solo vomito e diarrea, si tratta probabilmente di una gastroenterite virale;
- se, per quanto qui spiegato, tutto depone verso una influenza semplice, appena iniziata.
Notizie sulla vaccinazione
Da diversi anni, ormai, è regolarmente disponibile in commercio un vaccino antiinfluenzale. A causa delle costanti spontanee modificazioni del virus, che è diverso da un anno all’altro, il vaccino non determina protezione duratura e deve essere ripetuto ogni anno. I laboratori di produzione preparano per ogni autunno un vaccino nuovo, sulla base di quanto è possibile prevedere dalle caratteristiche del virus dell’anno precedente e dalle prime segnalazioni di contagio nel mondo.
Nei bambini si usa il vaccino purificato o frazionato (detto "split"), che risulta dare minori complicazioni. Il vaccino si somministra con una iniezione intramuscolare (nella coscia o, meglio, nella spalla); la prima volta che ci si vaccina, la dose deve essere ripetuta dopo un mese, mentre negli anni successivi è sufficiente una sola somministrazione. A seguito della vaccinazione, ci possono essere disturbi locali (gonfiore o indolenzimento nella sede dell’iniezione) o generali (febbre, malessere). Il vaccino, per quanto detto, è indicato solo nelle categorie maggiormente suscettibili di complicazioni: anziani e persone con malattie croniche al cuore o all’apparato respiratorio. In un bambino o un adulto sano la vaccinazione non è indispensabile, anche se ciascuno può liberamente scegliere di vaccinarsi per evitare una patologia sicuramente fastidiosa e impegnativa per il singolo e per la collettività.
Qualche risposta utile a domande frequenti.
Si può allattare con l'influenza?
Si, il contagio non avviene attraverso il latte e quindi non serve sospendere l'allattamento. Semmai, può essere scrupoloso che la mamma indossi una mascherina quando tiene il piccolo in braccio. Febbre e meningite Alcuni genitori hanno paura della febbre elevata, in quanto credono che essa possa causare la meningite. Non è vero: la febbre è un effetto della malattia, non la sua causa. In altre parole, è la meningite (insieme ad una miriade di altre malattie, fortunatamente più banali) a determinare la febbre e non viceversa. In questo senso, teniamo sempre presente che tutte le manovre che facciamo per far abbassare la febbre non servono ad evitare complicazioni, ma solo ad alleviarne il fastidio. Febbre e convulsioni Anche se non sempre lo ammettono, spesso i genitori hanno paura della febbre molto alta perché temono che possa causare convulsioni. In realtà ciò non è del tutto vero: anche le convulsioni cosiddette febbrili (cioè quelle benigne, non riferibili ad epilessia) sono comunque legate ad una predisposizione individuale e non dipendono dal livello della febbre. Il bambino predisposto potrà averle anche con temperatura non alta, mentre gli altri potranno tollerare febbre elevata senza particolari conseguenze.
Può fare il bagno se è raffreddato?
Si, senza particolari problemi. Anzi, il bagnetto caldo può essere perfino benefico per il raffreddore, in quanto stimola la secrezione nasale. Ovviamente va garantita una temperatura adeguata della stanza e una rapida asciugatura. Talvolta, poi, il bagno può essere il rimedio più rapido per far abbassare una febbre particolarmente resistente: in mancanza di risposta ai farmaci antifebbrili, si può fare anche questo.
Il berretto di lana
Dicono le nonne che una cuffia, un berretto o una bella fascia che copra le orecchie servono a prevenire le otiti. Magari bastasse! Le otiti vengono per una risalita dei germi dal naso verso l'interno dell'orecchio e la cuffia non serve quindi a prevenirle. Certo, continua ad essere utile per ripararsi dal freddo e quindi solo con questo scopo va messa.
Vitamine per l'inappetenza
La scoperta delle vitamine come elementi essenziali per la salute e la crescita ha portato alla scomparsa di malattie un tempo molto comuni legate alla loro carenza (scorbuto, pellagra, rachitismo). Nessuno ha mai dimostrato, però, che esse servano a ristabilire le forze dopo una malattia o a far venire appetito, come invece suggeriscono le nonne.
Le vitamine sono come l'acqua della batteria dell'auto: metterne oltre il livello consigliato non serve a migliorare le prestazioni, ma solo a buttarne via una parte.
Antibiotici e vitamine
Una delle credenze più radicate nelle famiglie è che, in corso di terapia antibiotica, sia necessario dare al bambino una integrazione con vitamine. In realtà, la cosa ha un fondamento di verità, in quanto uno dei primi antibiotici, utilizzato per curare la tubercolosi, richiedeva proprio una aggiunta di vitamine del gruppo B. Gli attuali prodotti, però, non danno affatto problemi del genere
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