Mia figlia di 12 mesi è risultata allergica (esami Rast) alle seguenti sostanze: lattoalbumina, lattoglobulina, caseina, erba vetriola, mix graminacee, pomodoro, semi di soia. Le IgE totali sono inoltre elevate in rapporto all’età (278 UI/ml). Quello che vorrei capire è se esiste una scala di "gravità" delle allergie e se il comportamento dei soggetti allergici può variare di conseguenza, ossia se in presenza di lievi allergie ad alcuni alimenti è necessario eliminarli del tutto dalla dieta oppure è possibile assumerne in piccole dosi (quanto piccole?). E l'eventuale assunzione di modiche quantità di alimenti che danno allergia può influenzare la possibilità che nel tempo l'allergia si trasformi in intolleranza o magari scompaia? Nel caso specifico di mia figlia è necessario che venga eliminata anche la carne di manzo o vitello? E come sostituire il latte vaccino data la sua allergia anche ai semi di soia (comunque al momento sta assumendo latte di soia nella misura di un unico biberon giornaliero di 200 cc). È possibile avere indicazioni su come variare la dieta di mia figlia in modo da farle assumere in modo equilibrato tutte le sostanze di cui necessita per un corretto sviluppo?

Il caso di sua figlia e le domande che lei pone sono emblematiche di una difficoltà di interpretazione e correlazione tra gli esami di laboratorio e la sintomatologia clinica. Lei stessa espone il caso senza descriverne i sintomi che hanno portato ad eseguire gli esami in questione. Comunque le questioni da lei esposte sono molto interessanti ed oggetto di discussione tra gli stessi esperti del settore: andiamo quindi con ordine.

  1. Esiste certamente una scala di gravità dell'allergia, ma è basata solo sulla sintomatologia clinica e non sulla positività degli esami di laboratorio. Un criterio da me condiviso è quello di abbinare i sintomi ad alcuni esami genericamente indicativi come le IgE totali e gli eosinofili ematici. Resta comunque il fatto che avere le IgE totali o gli eosinofili ematici molto alti, non vuol dire essere maggiormente allergici rispetto ad un altro soggetto con valori meno elevati.
  2. La seconda questione è molto più complessa. Attualmente si definisce tutto ciò che dipende da alterata risposta immunitaria come allergia, anche l'intolleranza. Si ritiene allergia alimentare un'alterata risposta del sistema immunitario nei confronti di antigeni alimentari, sia essa di tipo IgE (allergia classica), sia di tipo cellulo-mediata (ex-intolleranza). Restano escluse da questa definizione le patologie legate a deficit enzimatici come l'intolleranza al lattosio (deficit di lattasi). La storia naturale dell'allergia alimentare è caratterizzata da una tendenza verso la guarigione che può avvenire in età diverse, in relazione alla reattività individuale. Questa guarigione potrebbe dipendere da una maturazione dell'apparato digerente che, diventando un filtro maggiormente selettivo, non lascia più passare le macromolecole proteiche responsabili dei sintomi. Il sistema immunitario del paziente però conserva la memoria immunologica e, in caso di reintroduzione massiva dell'alimento o di alterazioni intestinali (microflora batterica), può presentare una ripresa della sintomatologia (altrimenti non esisterebbero adulti allergici agli alimenti).
  3. È ancora controversa la questione su come è meglio comportarsi in caso di allergia con sintomi lievi, se cioè escludere completamente l'alimento o tollerarne la presenza. Io sono del parere che se non vi sono sintomi eclatanti l'alimento va tollerato, in questo modo si potrà indurre una più rapida risoluzione del problema. Le situazioni però sono molto variabili: la decisione del medico dipende anche dal tipo di alimento, dall'età del bambino, dall'epoca di insorgenza dei sintomi, dalla familiarità ecc. ecc. Inoltre non tutti sono d'accordo, per cui alcuni comunque preferiscono una dieta restrittiva, priva dell'alimento allergizzante.
  4. Una cosa però è certa ed incontestabile: la diagnosi di allergia alimentare non può e non deve essere fatta solo sulla base della positività di alcuni esami di laboratorio, ma ha bisogno della conferma attraverso una sospensione ed una reintroduzione (eventualmente in ambiente ospedaliero) dell'alimento incriminato. Inoltre è sempre preferibile eseguire, prima di praticare il RAST, un semplice prick-test (N.d.R.: una prova allergica cutanea), la cui sensibilità è superiore a quella del RAST, con una specificità altrettanto sicura soprattutto per gli alimenti principali (latte e uovo).
  5. Gli esami della sua bambina hanno una positività multipla che sembra esagerata (parietaria? graminacee? soia? ecc.) in relazione all'età. L'esecuzione di un prick-test, in questo caso, servirebbe a confermare questo esito. Inoltre lei stessa riferisce che la piccola assume latte di soia senza alcun sintomo. Il valore delle IgE totali è comunque alto e indica che sua figlia è allergica, bisogna capire meglio a cosa.
  6. L'allergia al latte sembra, nel suo caso, la più probabile. Se ciò è vero è utile evitare l'assunzione di carne di vitello e manzo, anche se, solo nel caso di assunzione di carne poco cotta, si possono avere dei sintomi. La dieta priva di proteine del latte vaccino va integrata, se si prolunga per molto tempo, con calcio per via orale. Una dieta priva di proteine del latte vaccino non comporta nessun problema per la normale crescita corporea ed il normale sviluppo intellettivo.

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