Ho una bambina di otto mesi e mezzo che soffre di dermatite atopica. A causa di una reazione piuttosto importante alla prima introduzione di formaggio parmigiano (tutt'oggi la bambina è allattata al seno, oltre ad assumere pappe due volte al dì), caratterizzata da angioedema (N.d.R.: insorgenza improvvisa di tumefazioni edematose fugaci e circoscritte a carico del sottocutaneo e delle mucose), lacrimazione intensa, orticaria e rossore in viso, è stato effettuato un Rast test che ha però evidenziato un valore di IgE totali di 55.5 kU/l e l'intero pacchetto bimbi >0.36 kU/l. Tale risultato non ha convinto l'allergologo, che ha proceduto al prick test del latte vaccino diluito 1:10 e che ha rilevato una fortissima positività, leggermente inferiore ma sempre positiva anche per l'uovo. Quale spiegazione è possibile ipotizzare per tale episodio? Ora, inoltre, sono molto preoccupata perché addirittura mi è stato consigliato di tenere la bambina lontana da aerodispersioni di polveri e vapori di latte. Vorrei sapere se questi casi sono documentati e, se si, quale prognosi di risoluzione esiste (possibile desensibilizzazione col tempo o addirittura evoluzione in sintomatologie respiratorie, anafilattiche ecc...?)
Il problema che si è verificato, di non concordanza tra Rast e prick test si può verificare, anche se non frequentemente. Bisogna innanzitutto chiarire che la metodica RAST (Radio Allergo Sorbent Test) è soprattutto una determinazione semiquantitativa. Infatti i risultati ottenuti vengono confrontati con delle curve di riferimento internazionali standard. Si è visto che non sempre questa determinazione è correlata al grado di sensibilizzazione e tanto meno alla gravità della sindrome clinica. Infatti, si possono osservare allergopatie gravi con una modesta positività delle IgE specifiche e, viceversa, sindromi clinicamente lievi con intensa positività ai test sierologici specifici. Quindi, correttamente, il suo allergologo, non fidandosi del risultato ottenuto, ha applicato un'altra metodica.
Le manifestazioni cliniche dell'allergia alimentare alle proteine del latte vaccino o all'uovo, molto frequenti nella prima infanzia (5% dei bambini al di sotto dei due anni di età), tendono a scomparire quasi sempre all'età di 7 - 8 anni. Soltanto una piccolissima minoranza di soggetti continua ad avere nell'adolescenza ed in età adulta un'allergia alle proteine del latte o dell'uovo. Spesso questi bambini virano negli anni dall'allergia alimentare verso l'allergia respiratoria, sviluppando negli anni riniti, congiuntiviti ecc. trattabili con terapia desensibilizzante in associazione a terapia sintomatica, a seconda del quadro clinico e dell'allergene responsabile.
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