A mio figlio, attualmente di 23 mesi, è stato diagnosticato un problema di "recurvatum penis" (circa 70-80 gradi verso il basso). Il pene del bimbo, a giudizio del chirurgo pediatrico che l'ha visitato, appare già molto ben sviluppato per cui lui consiglierebbe l'intervento chirurgico già a 3-4 anni. Essendo stato anch'io sottoposto a intervento chirurgico per lo stesso problema (ma in età già adulta) e sapendo che non sempre i risultati sono perfetti (da un punto di vista estetico e quindi psicologico), sono preoccupato dai seguenti aspetti: 1) età a cui intervenire - il dubbio è se sia meglio intervenire il prima possibile ma con l'incognita di come la correzione apportata evolverà nella crescita, o se sia meglio intervenire a crescita più matura, ma con gli inevitabili negativi risvolti psicologici. 2) Scelta del centro/ospedale - so che esistono possibili varianti nell'intervento, in temine di numero di incisioni, orientazione delle stesse (longitudinali o trasversali) etc. da cui immagino possa dipendere un risultato finale più o meno buono.
La "recurvatum penis" è una deviazione congenita del pene: il paziente quindi nasce con questa malformazione, a differenza che nella deviazione acquisita del pene, detta anche malattia di La Peyronie, la quale invece insorge verso i 50 anni di età. Il pene è piegato in genere in modo armonico ed omogeneo, generalmente verso il basso. Il paziente non accusa dolore e non presenta abitualmente disfunzioni nell'erezione o, quando queste siano presenti, appaiono spesso di ordine psicologico, a causa dei complessi e delle preoccupazioni che la malformazione può comportare.
Le forme di "recurvatum penis" di grado lieve o moderato, che non causano problemi durante il coito, non richiedono alcun trattamento, mentre quelle che presentano una curvatura di grado severo, che può far diventare difficoltoso il rapporto sessuale e che rende elevato il rischio di una rottura del pene, vanno corrette chirurgicamente.
La rettificazione dell'incurvamento viene solitamente realizzata con un intervento chirurgico eseguito con la tecnica di Nesbit, che prende il nome del chirurgo che per la prima volta la eseguì nel 1965: consiste nella rimozione bilaterale di una o più coppie di ellissi di albuginea dorsale (cioè dello strato di tessuto fibroso biancastro che circonda i corpi cavernosi del pene, quelle formazioni spugnose che percorrono la verga dalla radice fino alla base del glande e che, distendendosi con l'afflusso di sangue, permettono il meccanismo della erezione) in corrispondenza del punto di massima curvatura; viene eseguita poi una sutura trasversale dei margini delle incisioni stesse.
In alternativa si può ricorrere ad incisioni verticali simmetriche dell'albuginea dorsale, seguite da sutura trasversale dei bordi oppure realizzare una semplice plicatura della tunica dorsale.
A prescindere dal tipo di tecnica chirurgica che si utilizza, il chirurgo deve rivolgere un'estrema attenzione ad evitare lesioni del complesso neurovascolare dorsale. E' opportuno mettere in risalto che la tecnica di Nesbit può essere impiegata anche nella correzione di semplici angolature laterali del pene. In tali circostanze si ricorre ad appropriate incisioni dell'albuginea con plastiche trasversali, sempre in corrispondenza del vertice della convessità anormale della verga.
L'intervento di Nesbit non può essere eseguito in quella minoranza di pazienti in cui l'entità della curvatura (e quindi la richiesta di plastiche dorsali), comporterebbe una riduzione eccessiva della lunghezza del pene; in questi casi viene eseguita un'incisione trasversale dell'albuginea ventrale, nel punto di massima concavità della verga, e viene interposto un lembo di cute prelevato dal prepuzio o da un altro distretto cutaneo glabro.
Il lembo, opportunamente disepitelizzato e privato di eventuale tessuto sottocutaneo residuo, viene rovesciato, cioè posto con il versante superficiale contro i corpi cavernosi; il lembo viene in seguito suturato ai bordi dell'albuginea interrotta con alcuni punti staccati, in materiale riassorbibile.
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