Dopo due giorni dal parto, a mia figlia è stato diagnosticato un "ittero da AB0". E’ stata ricoverata in Ospedale ed ha rischiato la exanguinotrasfusione, dato che i valori di bilirubina sono arrivati ad un massimo di 18,3. Dopo 20 giorni, ad un successivo controllo, la piccola risultò anemica, fu ricoverata e ricevette ferro, ecc. Ad oggi la bambina ha cinque anni e non ha avuto più problemi, ma vorrei capire come è successo tutto questo, per quale motivo.

I globuli rossi presentano sulla superficie degli antigeni (A e B) che determinano l’appartenenza di ciascuno di noi ad un gruppo sanguigno (A, B, AB in caso di presenza contemporanea e 0 in caso di assenza). L’incompatibilità tra madre e feto si può verificare più comunemente se la madre è di gruppo 0 ed in feto di gruppo A o B; tuttavia, anche in caso di madre di gruppo A e feto di gruppo B e viceversa (madre B, feto A) tale evenienza è possibile. Sebbene l’incompatibilità AB0 si verifichi nel 20-25% delle gravidanze, la malattia si manifesta solo nel 10% di tali parti. In questi casi, anche alla prima gravidanza, la madre produce anticorpi immuni (di classe IgG, in grado di attraversare la placenta) che passano nel circolo sanguigno del feto provocando emolisi, cioè distruzione dei globuli rossi, con conseguente anemizzazione ed ittero (colorazione giallastra della cute e delle mucose), conseguente all’accumulo di bilirubina, prodotto di degradazione della emoglobina.

L’ittero, indipendentemente dalle cause che lo hanno provocato, e che nel neonato possono essere di diversa natura, è pericoloso per valori di bilirubina superiori a 20 mg/ml, in grado di provocare danni cerebrali. La diagnosi di certezza di incompatibilità AB0 è difficile, perché i test in uso non forniscono sempre dati totalmente dirimenti. In ogni caso, rispetto all’incompatibilità Rh, quella AB0 è di solito molto meno grave, non comporta compromissione fetale né importante anemizzazione; si manifesta di solito esclusivamente con un ittero che raramente (10% degli affetti) supera i valori di 20 mg/ml e di solito viene ben contrastato dalla fototerapia (esposizione del neonato a luce ad alta intensità) che converte la bilirubina in una forma non tossica e facilmente eliminabile. Dopo 2-4 settimane l’emolisi può provocare una diminuzione dell’emoglobina detta "anemia tardiva del neonato" o anemia di Ecklin, ed è quanto si è verificato nel caso di sua figlia.

La malattia si risolve poi spontaneamente con la scomparsa degli anticorpi materni.

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