Sono la mamma di Andrea, quasi 23 mesi. Il piccolo, pur senza l'apparente intenzione di aggredire, continua a mordere tutti, provocando ormai danni e lividi. Credo gli sia chiaro che provochi dolore a chi subisce i suoi dentini, gli dico che la mamma sente male, che ha la bua, che le viene da piangere, ma la cosa sembra lasciarlo indifferente. Anche i suoi pupazzi vengono continuamente morsicati e se incontriamo altri bimbi non posso perderlo un attimo di vista per evitare che faccia loro del male. Recentemente ha anche imparato a dare pizzicotti, anche quelli senza alcun apparente motivo, lo fa con divertimento, causando graffi evidenti. Andrea è oggetto delle attenzioni di tutti, essendo figlio unico ed unico nipote. Da alcuni mesi vive enormi tensioni familiari per la separazione che mio marito ha avviato e che mi fa soffrire, talvolta in maniera anche evidente. I morsi sono però cominciati molto molto prima. Un altro elemento che mi preoccupa molto è che quando viene rimproverato o gli si nega un suo capriccio, comincia a darsi pugnetti sul viso o a battere la testa contro il muro o il pavimento. Cosa vogliono dire questi gesti di autolesionismo? Come devo comportarmi per arginarli e cosa posso fare perchè smetta di mordere o pizzicare?

I comportamenti che lei descrivi ad opera del suo bambino sono molto frequenti e si manifestano soprattutto in situazioni di vita in comunità di coetanei.

La modalità orale, che utilizza cioè la bocca, appartiene alle prime esplorazioni sensoriali dei bambini, che iniziano proprio così ad entrare in contatto con il mondo esterno, a partire dall'interazione con chi li nutre, sia la madre allattando al seno sia la madre o una diversa figura con l'allattamento artificiale.

Progressivamente i bambini sostituiscono questo sistema esplorativo ricorrendo alla vista e soprattutto al tatto, attraverso la manipolazione sempre più fine degli oggetti che si raggiunge in genere intorno ai due anni di vita. Spesso i primi morsi possono non avere quindi una valenza aggressiva, ma rappresentare appunto questa modalità di sperimentazione di contatto con l'ambiente.

Da quanto lei riporta, tuttavia, Andrea sembra aver compreso che la conseguenza del suo comportamento è dolorosa per chi lo riceve e nonostante ciò sembra non modificare tale condotta; si può a questo punto supporre che sia subentrata una intenzionalità aggressiva, che può essere di attacco ma anche di difesa nei confronti di un ambiente da cui forse Andrea si sente in qualche modo minacciato.

Viene dunque da collegare le azioni aggressive alla situazione familiare che state attraversando, che sicuramente contribuisce a creare uno stato di tensione sia in Andrea che nelle persone che si occupano di lui, in primo luogo la sua mamma.

I comportamenti che lei descrive possono quindi essere letti come un modo di comunicare un disagio interiore che il suo bambino sta vivendo e che fatica a gestire da solo.

In tale ottica può diventare possibile leggere anche le manifestazioni di opposizione a regole e divieti a cui Andrea ricorre, come facendo del male a se stesso, quasi volesse suscitare nell'altro un senso di colpa e quindi una maggiore attitudine ad occuparsi di lui dedicandogli ancora più attenzioni e concessioni.

A livello prognostico tuttavia, in assenza di una conoscenza diretta del bambino e delle dinamiche familiari pregresse e attuali, appare complesso fornire indicazioni più specifiche.

Le consiglio perciò di rivolgersi ad un Servizio psicologico o ad un professionista esperto in età evolutiva che possa aiutare Andrea e le sue figure di riferimento a comprendere meglio le motivazioni di tali comportamenti e a trovare diverse e più adeguate modalità comunicative.
 

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