L'amniocentesi consiste nell'aspirazione di liquido amniotico (circa 20 ml), allo scopo di raccogliere le cellule presenti (cellule di sfaldamento della cute del feto) e fare su di esse l'analisi cromosomica. Si esegue in genere tra la 15° e la 18° settimana di gestazione. Il materiale viene aspirato tramite l'introduzione di un ago sottile nel sacco amniotico attraverso l'addome, sotto continua sorveglianza ecografica.
La coltivazione delle cellule fetali contenute nel liquido amniotico permette lo studio dei cromosomi, consentendo la diagnosi di numerose anomalie cromosomiche (prima per tutte la sindrome di Down), mentre l'analisi del liquido amniotico consente di individuare malattie ereditarie come la talassemia e di riconoscere patologie che interessano il tubo neurale (quella parte del bambino da cui nascono la spina dorsale, il midollo spinale e il sistema nervoso).
La malattia più nota causata ad un difetto del tubo neurale è la "spina bifida", una malformazione congenita in cui un pezzo del midollo spinale fuoriesce (come un'ernia) attraverso un difetto della parte posteriore ossea della spina dorsale, in genere situata nella regione lombo-sacrale, subito sopra il sederino.
L'introduzione dell'ago nell'addome provoca in genere una sensazione trafittiva istantanea simile a quella provocata da un prelievo di sangue dal braccio, a cui può far seguito una lieve dolenzia di breve durata, dovuta a contrazioni localizzate della muscolatura dell'utero.
Poiché l'amniocentesi viene eseguita più in là nel corso della gravidanza, in confronto alla villocentesi, essa comporta un pericolo di aborto minore, valutato su un caso ogni 270 esami, rischio legato molto all'esperienza e alla manualità del medico esaminatore.
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