Parte prima: come ci si ammala a cura del Dott. Giorgio Conforti, Referente Rete Vaccini FIMP (Federazione Italiana Medici Pediatri) Quando visito durante l’inverno un bambino febbrile, con tosse e raffreddore, talora con vomito, spesso con dolore ai muscoli e mal di testa, e vengo a sapere che nella comunità scolastica che frequenta altri suoi coetanei sono nella stessa situazione e comunico alla mamma (o alla nonna, o alla babysitter…) che molto probabilmente il bambino è affetto da influenza, immagino che alla sera il genitore, più spesso il papà, tornando a casa dal lavoro possa chiedere a chi della famiglia era presente: “Cosa ha detto il dottore?” e gli verrà risposto che ….“Ha detto che il bambino ha SOLO l’influenza”. Già, dietro a quel “SOLO”, aggiunto dal famigliare, c’è la consapevolezza della banalità del quadro infettivo confermato dal fatto che quasi mai, almeno inizialmente, vengono somministrati antibiotici; nell’opinione corrente c’è l’idea che la diagnosi di influenza + terapia solo sintomatica = malattia che presto passerà, anzi forse già domani se io stesso pediatra curante, ho omesso di parlare di prognosi; pertanto si può creare quella aspettativa nel “già domani nostro figlio starà meglio per tornare a scuola entro pochissimo” Ma è così, o meglio, è sempre così? Vediamo di saperne di più e,soprattutto, di capirci di più rispondendo alle domande più comunemente rivolte al Pediatra di famiglia.

Cos’è l’influenza? Da cosa è provocata? L’influenza è una malattia infettiva acuta dovuta a un virus molto contagioso che interessa l’apparato respiratorio nelle cui cellule l’organismo si moltiplica fino a causare i sintomi da tutti conosciuti (tosse, raffreddore, febbre, dolori muscolari, talora mal d’orecchio specie nei bambini piccoli) per una durata media da 3 a 6 giorni. I virus responsabili delle epidemie in realtà sono due, caratterizzati, come tutti i fratelli, da analogie genetiche, uno detto tipo A e l’altro tipo B; il tipo A ha a sua volta due figlioletti, detti sottotipi e chiamati H (emoagglutinina) e N (neuroaminidasi) che corrispondono a due proteine che stanno sulla superficie del virus. A loro volta i sottotipi si sono riprodotti in ulteriori proseliti tanto da risultare in 16 i sotto-sottotipi di H e in 9 quelli di N. Infine i nipotini di A (i sotto-sottotipi) si sono alleati per fare “al meglio” i guai che sappiamo tanto che definiamo i due virus tipo A che circolano più frequentemente ogni anno “A(H1N1)” e “A(H3N2)”.

Invece il tipo B ci rispetta di più perché non si è sotto-tipizzato anche se può manifestarsi in vario modo. Perché l’influenza ha anche dei nomi geografici, tanto da chiamarsi un anno come “la siberiana” o “l’australiana” o “la cinese”…? Il nome "geografico" corrisponde al luogo dove il virus dell’influenza è stato isolato per la prima volta, cioè dove ogni anno sono stati diagnosticati i primi malati. Di solito si tratta di località appartenenti all’altro emisfero dove la stagione invernale anticipa di sei mesi e dunque i virus compaiono prima che da noi.

Ma perché il virus cambia nome ogni anno? Questo è dovuto alla sua capacità di mutare, cioè di cambiarsi i connotati, proprio come un indagato per qualche reato che per nascondersi cambia una parte del proprio viso, e lo fa ogni anno, magari poco ma ogni anno. Da qua l’inseguimento da parte dei medici che vogliono smascheralo al più presto per stabilire quale arma di difesa (il vaccino) va preparata per l’anno in corso. Qualche volta, diciamo ogni 25-50 anni, il virus cambia decisamente aspetto, muta più del solito (il termine tecnico è “shift”) con danni decisamente maggiori.

Perché maggiori? Perché se cambia di poco (il termine tecnico è “drift”) il suo potere infettante troverà persone che negli anni precedenti si sono o ammalate di influenza o vaccinate e quindi posseggono degli anticorpi verso il tipo o il sottotipo stesso, non sufficienti a non ammalarsi se non aggiornati nelle proprie difese dal vaccino dell’anno, anche se magari in forma più lieve. Chiamiamo “epidemie” queste situazioni di normale patologia e diffusione della malattia. Invece se il virus che circola è decisamente molto diverso, di un sottotipo completamente differente, ad esempio “A(H5N1)” in quanto nuovo rispetto agli ultimi 25-50 anni, ecco che troverà sprovviste di valide difese la maggior parte delle persone e da qui la paventata pandemia di cui si è tanto parlato tre anni fa come evento possibile in un prossimo futuro proprio perché non si verifica da qualche decennio.

E’ per questo che ci si deve vaccinare ogni anno? Già, per ora è così, in futuro forse non più, ma per ora la vaccinazione serve tutti gli anni a differenza ad esempio di quella per il morbillo o la varicella per le quali malattie bastano due dosi per tutta la vita.

Come ci si ammala? Ci si ammala per il contatto ravvicinato: basta un ambiente chiuso ma anche un autobus affollato, il respirare a pochi centimetri o starnutire o tossire senza fazzoletti o altri mezzi di contenimento del virus per trasmetterlo da una persona che l’ha in incubazione o ha iniziato ad avere i primi sintomi da raffreddamento ad un’altra ancora indenne. Ovviamente i bambini sono i più esposti al microbo considerando la frequenza di ambiti di gioco o di studio. Si tratta di un virus a alta contagiosità, favorito quindi dall’ambiente affollato, dalla scarsa attenzione all’igiene e dalla presenza di fumo di sigaretta.

E dal freddo no? Certamente anche il freddo contribuisce ma in minima parte: il freddo svolge un’azione di indebolimento delle difese immunitarie e quindi è più probabile che l’incontro con il virus provochi la malattia in una persona cui un’altra glielo trasmette se contemporaneamente esce poco coperta o si bagna per la pioggia. Ma quello in realtà che agisce di più è il contatto diretto in ambiente chiuso e questo è più facile in inverno dove si vive per più tempo in luoghi chiusi piuttosto che in estate dove la vita all’aria aperta e la chiusura contemporanea di asili, scuole ed uffici espone a minori contatti. Questo vale per tutte le malattie infettive e quelle respiratorie in particolare. Già, perché di influenze se ne possono prendere tante ogni anno! Dobbiamo intenderci sui termini: per un pediatra può essere difficile diagnosticare che quel caso di febbre alta, raffreddore, tosse, cefalea e male alla muscolatura è proprio dovuto all’influenza e non a virus a caratteristiche simili ma appartenenti ad altre categorie.

L’influenza sicuramente è causa della più consistente epidemia che si manifesta usualmente fra gennaio e aprile,ma i bambini in particolar modo sono esposti nei primi anni di socializzazione a molti altri virus come i rinovirus, i virus parainfluenzali, i virus respiratori sinciziali, gli adenovirus e via dicendo. Il termine medico in questi casi sarebbe di “sindrome influenzale” che indica appunto un quadro clinico indifferenziabile, mentre dovremmo chiamare “malattia influenzale” o influenza vera e propria quando siamo certi che quella febbre sia proprio dovuta al virus influenzale. INDICI DEGLI SPECIALI SULL'INFLUENZA Parte seconda "l'impatto sulla salute della popolazione" Parte terza: "vaccinare contro l'influenza" Parte quarta: "e se nonostante la vaccinazione il mio bambino si ammalasse?"

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