Come per altri momenti importanti della crescita del bambino, nella fase dello "svezzamento" dal pannolino le mamme si rivolgono al Pediatra per una serie di consigli e di rassicurazioni, alla ricerca sia di suggerimenti pratici che di una valutazione complessiva dello sviluppo psicologico.
Togliere il pannolino è un momento delicato
La fase del controllo dei propri bisogni, infatti, viene vissuta come un momento molto delicato, sia dal punto di vista del bambino che da quello della famiglia. Per il bambino, il problema principale è quello di vedersi di fronte ad una grossa responsabilità: “i grandi si aspettano da me che io sia capace di trattenere a comando, mentre io mi sento improvvisamente sporco e bagnato senza sapere cosa sia successo”.
In altre parole, la consapevolezza che le urine e le feci possano essere controllate, trattenendole se necessario e rilasciandole al momento opportuno, è cosa niente affatto banale per un piccolino intorno ai due anni di età, che, come in molte altre occasioni della crescita, si sente spesso ancora impreparato ed insicuro.
Il pannolino è una "protezione"
Se mi si passa il paragone, è come fare le prime lezioni di guida: si ha la sensazione che non si riuscirà mai a fare quanto gli altri sembrano compiere con assoluta naturalezza. L’abbandono della protezione offerta dal pannolino rappresenta quindi un passaggio molto delicato per il piccolo, cui viene chiesto, in sostanza, di sganciarsi dal mondo del lattante per passare ad una vita da adulto, facendo “come fanno mamma e papà”.
E, d’altra parte, il raggiungimento del controllo è motivo di massimo orgoglio: “Guardi, Dottore, Michele non ha più il pannolino!”, dice la mamma presentando un giovanottino alto meno di un metro, tutto gongolante nei suoi pantaloni non più arrotondati dal panno.
Togliere il pannolino è una conquista
A questo si aggiunge il rapporto particolare che il bambino in questa fase ha, del tutto normalmente, con i propri escrementi: li considera un proprio prodotto, la sua “opera d’arte”, ed è felice di mostrarli alla mamma e al papà, fiero di aver compiuto qualcosa di speciale. In sostanza, quindi, la fase dello “svezzamento” dal pannolino è per il bambino un continuo oscillare fra paure e gioie, in cui gioca un ruolo importantissimo l’atteggiamento della famiglia.
La mamma, entrando in sintonia con lui, con il suo comportamento e le sue parole deve positivamente assecondare queste esperienze; altrimenti, se questa fase magica venisse disturbata (cioè, “vissuta come un problema”) il rischio di un blocco diventerebbe concreto. Il tutto non deve spaventare: ancora una volta, il buonsenso, l’intuito della mamma e la conoscenza degli aspetti del problema devono portare a vivere questa esperienza come assolutamente naturale, come uno dei tanti splendidi momenti della crescita.
Togliere il pannolino: le domande delle mamme
Quali sono le domande che più spesso le mamme pongono su questi argomenti? Senza dubbio, le più frequenti sono: a che età è giusto incominciare? Come faccio a capire quando è pronto? Come devo comportarmi per non traumatizzarlo? E' normale se ritarda?
Quando provare a togliere il pannolino?
A questo domande cercherò adesso brevemente di rispondere. Diciamo subito che non esiste un’età precisa in cui il bambino è pronto: biologicamente, di solito tra i 18 e i 24 mesi egli ha la capacità di controllare lo stimolo, ma tuttavia è importante sapere che alcuni non sono pronti fino ai 4 anni e che ciò non deve assolutamente preoccupare; psicologicamente, il bambino è pronto quando smette di vedere la cosa come un problema e inizia a superare la “paura del distacco”.
I segni che "è pronto"
Per capire quando questo momento è raggiunto, può essere utile cogliere alcuni segni che siano indicativi della raggiunta maturazione psicologica: vuole “comportarsi da grande”, osservando e imitando il comportamento degli adulti o, semplicemente, di un fratello maggiore; è incuriosito dall’andare in bagno; capisce il significato di semplici richieste della mamma (tipo "portami la palla”) e le esegue; mostra desiderio di indipendenza; sa camminare e sedersi da solo; è capace di alzare e abbassare i pantaloni da solo.
Oltre a ciò, si possono valorizzare alcuni segni diretti, che indichino l’acquisizione di una specifica competenza: il bimbo avverte in anticipo gli stimoli intestinali; capisce i segnali di avvertimento e li comunica per tempo alla mamma; è infastidito dalla sensazione di pannolino sporco; ha dei "periodi asciutti" di 3-4 ore (questo significa che sa tenere contratti gli sfinteri). Ovviamente, non necessariamente occorre aspettare che tutti questi punti siano raggiunti.
Come togliere il pannolino? Come comportarsi in questa fase?
Noi suggeriamo, anzitutto, di non avere fretta: aspettare fino a quando è pronto è una base importante per il successo. Poi, di preparare le migliori condizioni ambientali perché il bambino accetti di buon grado la nuova situazione: il suo vasino (meglio se scelto insieme a lui), il posto che preferisce (non necessariamente il bagno, ma con buonsenso), i suoi giochi, la sua mamma vicino (o, al contrario, nessuno spettatore intorno, se lui lo desidera).
A questo punto, iniziare una cauta e non troppo insistente opera di convincimento, senza mai mettergli fretta né dare la sensazione di “un dovere da compiere”. Creare una routine: ad esempio, accompagnarlo al vasino dopo i pasti (o ad intervalli regolari, per chi proprio non ce la fa a resistere qualche ora) e farlo sedere senza pannolino. Mettere in conto una serie di “incidenti” di percorso, che non dovranno essere troppo rimarcati (ma nemmeno ignorati: semplicemente, dovranno essere accompagnati da una spiegazione serena, tipo “non fa nulla, la prossima che ti scappa dillo alla mamma e andiamo di corsa in bagno”).
Esibirsi in lodi sperticate al primo successo: “Ma che bravo! Ma quanta ne hai fatta! La facciamo vedere al papà!” (mi rendo conto del fatto che l'argomento non è gradevole per un adulto, ma abbiamo detto come un bambino di questa età consideri le proprie feci come "una cosa che ha fatto lui", un prodotto speciale del proprio corpo, e non un semplice atto fisiologico, e come tale va compreso e apprezzato dalla famiglia).
Mai nessuna punizione, nemmeno se allaga il tappeto bello, e attenzione anche ai mortificanti commenti degli “esperti” di turno: non permettere mai che si dicano frasi del tipo “così grande e ancora con il pannolino!” (certamente umilianti per il piccolo apprendista) e invece tradurle sempre positivamente (“adesso che sei diventata una signorina, puoi fare a meno del pannolino!”). Per finire, vorrei dedicare qualche riga ad alcune situazioni intermedie, che spesso ci troviamo a dover interpretare e spiegare e che comunque rappresentano evidenti segni del fatto che il bambino fa progressi.
Ad esempio, quando il bambino avverte la mamma, ma solo dopo che ha fatto i bisogni: è segno di iniziale acquisizione della consapevolezza dello stimolo (siamo sulla buona strada, anche se non è ancora stato raggiunto il controllo completo dello sfintere).
Oppure, quando intenzionalmente si rifiuta di scaricarsi e trattiene le feci fino a quando la mamma non gli rimette il pannolino: è segno che il bambino è perfettamente in grado di controllare i propri bisogni, ma al contempo che non è ancora sufficientemente sicuro di sé o che sono presenti altri problemi (magari, usa il no al vasino come ricatto nel rapporto con la mamma).
In questo caso, come sempre, meglio assecondarlo e concedergli l’uso del pannolino quando vuole (toglierlo durante il giorno e rimetterlo quando deve scaricarsi); in questo modo, la mamma comunicherà un messaggio rassicurante (“nessuno ti obbliga”) e positivo (“fallo quando sei pronto”).
Insomma, concludendo, il consiglio è quello di considerare questa fase non come “problema”, ma al contrario di viverla (e farla vivere) come una divertente esperienza, in cui la gioia di partecipare all’ennesimo progresso nella crescita del bambino sia incomparabilmente superiore allo stress e alla paura del cambiamento.
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