Ho notato che avete già risposto ad una domanda sull’iperattività dei bambini, tuttavia, essendo la risposta riferita ad un bambino di 3 anni e mezzo, ho pensato di riproporre la mia, visto che io mi riferisco a mio nipote, che ha 10 anni. La sua iperattività è infatti legata ad altri momenti di sviluppo e si ripercuote anche sull'andamento scolastico (frequenta la quarta elementare). Le maestre sono tutte d'accordo nel dire che è un bambino straordinariamente intelligente, anche se la sua iperattività non gli permette di stare fermo al suo posto, di restare in silenzio il tempo necessario alla spiegazione di una lezione, di dare spazio agli eventuali interventi dei suoi compagni i quali, alla fine, sono urtati con lui come le maestre. Anche a casa la situazione è simile: non riesce a trovare la concentrazione per svolgere i compiti in un tempo ristretto, costringendosi a pomeriggi interi sui quaderni per un lavoro che richiede solo un'ora di applicazione. È costantemente distratto da ogni più piccolo evento che succede intorno a lui e anche quando gioca non è mai soddisfatto di quello che sta facendo e vorrebbe trovare subito un'alternativa più interessante. Io mi domando: tutto questo scompiglio attorno alla vita del bambino, sia a casa che a scuola, è un fatto temporaneo, legato allo stadio di sviluppo che sta attraversando oppure è da imputare al suo carattere. Posso ragionevolmente sperare che quando sarà più grande tutta questa "energia" potrà essere governata positivamente? Avete nominato una terapia dolce di "psicomotricità". Che cosa si intende esattamente e dove si può fare questa terapia?
Matteo è un bambino straordinariamente intelligente, anche la sua irrequietezza non gli permette di stare al suo posto, di restare in silenzio il tempo necessario alla spiegazione di una lezione, di dare spazio agli eventuali interventi dei suoi compagni i quali, alla fine, sono urtati con lui come le maestre. Anche a casa la situazione è simile: non riesce a trovare la concentrazione per svolgere i compiti in un tempo ristretto. E' costantemente distratto da ogni più piccolo evento e si stufa subito di qualunque attività, comincia cento cose e non ne termina nessuna....". Matteo è stato individuato come il "Pierino" della situazione; non sarebbe giusto dire che è soltanto un bambino vivace: in classe l'insegnante ha altri bambini vivaci ma non danno gli stessi problemi.
Bene quello che manifesta Matteo è una sindrome, ormai studiata da diversi anni, nota come Sindrome da Deficit di Attenzione con Iperattività . Un bambino che manifesta questa sindrome è generalmente di intelligenza del tutto normale; tuttavia presenta un basso livello di attenzione, un eccesso di impulsività ed iperattività. E' bene sottolineare come in alcuni bambini possa prevalere maggiormente l’impulsività (il classico bambino che "agisce prima di pensare"), in altri di più il problema dell'attenzione, in altri ancora l'eccesso di attività. Di solito comunque i tre sintomi, pur con intensità diversa, coesistono.
Secondo l'Associazione Psichiatrica Americana, un bambino si può definire iperattivo quando sono chiaramente evidenti almeno otto dei seguenti problemi di comportamento:
- irrequietezza motoria delle mani, delle gambe e di tutto il corpo;
- difficoltà a rimanere seduto quando necessario;
- facile distraibilità; difficoltà a rispettare il proprio turno in situazioni di gioco o di gruppo;
- frequente emissione di risposte ancor prima che le domande siano state completate;
- difficoltà nell'eseguire istruzioni che gli vengono fornite non per atteggiamento oppositivo né per difficoltà di comprensione;
- difficoltà nel mantenere l'attenzione in situazioni di lavoro o di gioco;
- frequente cambio di attività, lasciando spesso il lavoro incompleto;
- difficoltà a giocare tranquillamente;
- spesso il bambino parla troppo;
- spesso interrompe gli altri nei loro discorsi e nelle loro attività;
- spesso non sembra ascoltare quello che gli viene detto;
- spesso perde le cose necessarie per svolgere le proprie attività a casa o a scuola;
- spesso si dedica ad attività fisicamente pericolose non valutando le possibili conseguenze di certi comportamenti o giochi.
A motivo del deficit di attenzione, il bambino può mostrare un ritardo nell'apprendimento delle abilità di lettura e di scrittura (dislessia e disgrafia). Inoltre, le difficoltà nel seguire le più semplici regole del "vivere civile" pongono spesso il bambino iperattivo al centro di sgridate e di minacce di punizioni. Le reazioni degli adulti possono essere, talvolta, molto dure e frequenti sono i commenti del tipo: "Ma possibile che.....", "Sei sempre il solito....", "Ma non sei capace di....".
In questo modo il bambino incomincia spesso a pensare a se stesso come ad un "bambino cattivo" o "sbagliato" e tale abbassamento della stima di sé comporta un effetto a spirale veramente grave poiché il comportamento del bambino peggiora ulteriormente.
Sovente il bambino a scuola - proprio perché frequentemente rimproverato, redarguito, criticato - comincia a pensare: "E' inutile continuare a studiare, tanto non imparo niente", "E' inutile impegnarmi tanto io sbaglio sempre". In questo modo spesso si instaurano comportamenti di fuga o di evitamento delle situazioni scolastiche. Questi vanno dal mentire sui compiti da fare ("No, mamma, non ho compiti a casa da fare"), al marinare la scuola. I
n alcuni casi il ragazzo abbandona la scuola, potendo anche sviluppare problemi di comportamento antisociale. E' confortante comunque sapere che moltissimi bambini iperattivi che ricevono precocemente tutto l'aiuto di cui hanno bisogno, si sviluppano in adulti del tutto normali, senza alcun problema di inserimento sociale, personale o professionale. Anzi un bambino iperattivo può divenire, se ha imparato a sfruttare la propria energia, un adulto molto dinamico ed attivo.
Va segnalato inoltre come nella fase adolescenziale si evidenzi una remissione dei sintomi. Iperattivi si nasce o si diventa? Sul perché un bambino diventi iperattivo sono state fatte molte ipotesi. Alcuni autori, in particolare, attribuiscono l'insorgenza di tale sindrome a fattori biologici, altri invece a fattori ambientali. A tutt'oggi tuttavia sarebbe temerario dire con certezza che l’iperattività è dovuta esclusivamente ed unicamente a fattori dell'una o dell'altra natura.
Tra i fattori di rischio vi sono: familiarità per la sindrome da deficit di attenzione con iperattività; storia familiare di alcoolismo; presenza di una madre con problematiche depressive; sovraffollamento familiare; conflitti tra genitori e conseguente incapacità a stabilire regole di comportamento.
Rispetto a quest'ultimo aspetto, va comunque tenuto in considerazione il fatto che, se molti psicologi affermano che iperattività l'effetto di dinamiche familiari sbagliate, altri mettono in evidenza che un bambino iperattivo può mettere in crisi anche la più solida struttura familiare.
Come possiamo aiutare un bambino iperattivo? Negli Stati Uniti come in molti paesi anglosassoni si utilizza, oltre ad intervento terapeutico di tipo psicopedagogico, una terapia farmacologica con il metilfenidato. Tale farmaco (non disponibile in Italia) permette di migliorare significativamente la capacità attentiva, ridurre i comportamenti impulsivi e l' iperattività.
Dal punto di vista psicologico molto si può fare, sia in famiglia che a scuola, per aiutare il bambino iperattivo: il bambino va accettato e compreso per quello che è. Molti educatori purtroppo tendono a reagire con affermazioni di tipo globale e negativo ("Non ne combina mai una giusta") percependo il bambino come totalmente sbagliato o, ancora, interpretando ogni suo comportamento problematico come un affronto personale ("Me lo fa apposta....perché sa che così mi arrabbio...").
Ciò oltre ad essere improduttivo su di un piano pedagogico comporta anche uno stress notevole per l'adulto stesso; educare il bambino in positivo. E' importante che gli educatori evidenzino anche le più piccole cose positive che egli compie, i minimi progressi, per quanto ovvi, che fa.
Ognuna di queste azioni deve diventare occasione per lodarlo, per dirgli che siamo contenti del suo impegno; i comportamenti problematici non particolarmente pericolosi vanno ignorati. Mentre incoraggiamo comportamenti ed atteggiamenti più tranquilli e riflessivi, dovremo ignorare i comportamenti di impulsività e di irrequietezza a patto che non siano pericolosi per il bambino o per gli altri.
Ricordiamo che spesso i comportamenti inadeguati si perdurano proprio perché vi si presta troppa attenzione! rispetto delle regole. I genitori dovranno di comune accordo stabilire delle regole e farle rispettare.
Davanti ai figli non possono esserci segni di disaccordo o di discussione tra i genitori circa la loro applicazione; il modo di parlare al bambino deve essere calmo, senza urla e strepiti. Nel dirgli che cosa fare occorre essere precisi ed usare termini ed espressioni in positivo.
Dire frasi del tipo: "Non fare...", "Non toccare..", "Ma perché sbagli sempre.." rischiano di produrre nel bambino innanzitutto uno stato emotivo di ostilità o di sfida ed inoltre non forniscono alcuna informazione su che cosa il bambino dovrebbe fare o su come dovrebbe comportarsi; non sgridare il bambino davanti agli altri, compagni o fratelli che siano, come anche non raccontare le sue "prodezze" ad altre persone in sua presenza ("Sapessi cosa ha fatto.....").
Se dobbiamo rimproverarlo, meglio prendere il bambino isolatamente e spiegargli le cose con calma e con tono deciso; a scuola, come a casa, può essere di grande aiuto avere un ambiente di lavoro tranquillo e con routines prevedibili; offrire un modello di comportamento pacato e riflessivo senza eccessivi scatti di rabbia o di nervosismo (in pratica non si può insegnare ad essere calmi e riflessivi se non lo siamo prima noi!).
Il bambino deve avere la possibilità di capire come affrontare determinate situazioni e in che modo risolverle. In tal senso è molto utile verbalizzare tutti quei ragionamenti che noi facciamo internamente per offrire proprio un modello. "Accidenti è caduto l'olio.....bene, debbo stare calmo....debbo stare attento ai vetri....debbo prendere la paletta ed uno straccio....." e così via.
L'adulto, parlando ad alta voce, offre al bambino un modello di riflessività ed una strategia razionale di problem-solving; favorire una giusta quantità di attività fisica: molto adatti sono gli sport di squadra (che insegnano a mettere a freno l’impulsività in favore di un risultato collettivo) e gli sport che insegnano l'autocontrollo.
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