Mio figlio ha appena compiuto i tre anni e, contemporaneamente, ha cominciato a frequentare l'asilo. Ho notato, però, che la sua classe è formata prevalentemente da bambini più grandi di lui (su 15 bambini solo quattro sono suoi coetanei e non frequentano neanche tutti i giorni la scuola, mentre gli altri hanno quattro e cinque anni). La maestra mi ha assicurata che il bambino non verrà mai escluso dal gruppo e che anzi verrà rispettato maggiormente proprio perché è più piccolo, ma io continuo a credere che mio figlio possa avere più difficoltà ad inserirsi e conseguentemente a confrontarsi con il gruppo dei pari a causa dei diversi interessi che i bambini hanno a seconda dell'età. Voi cosa ne pensate a riguardo?

Anzitutto una premessa: la situazione che lei ha incontrato nella scuola di suo figlio scaturisce da una scelta di metodo. Deve sapere infatti che in una scuola materna ogni anno, a settembre e a gennaio, entrano nuovi bambini, prevalentemente dell'età di tre anni. Ogni scuola, però, ha una cosiddetta "capacità", in relazione agli spazi e alle forze insegnanti impiegabili: può accogliere cioè fino ad un tetto massimo di bambini, e non uno di più, per problemi facilmente intuibili di assicurazione e sicurezza, ma non soltanto. Questo avviene, infatti, anche perché ad ogni bambino possa essere assicurato un percorso individuale di accrescimento soprattutto interiore, la possibilità di essere accudito in maniera adeguata dalle insegnanti e di relazionarsi con un gruppo di pari che non sia una folla.

Veniamo appunto al discorso dei "pari": nel linguaggio della scuola dell'Infanzia, per un bambino i "pari" sono tutti, di tre, quattro e cinque anni, indistintamente. Quelli che si distinguono siamo noi, ahimè, gli "adulti"! Cosa succede, però, in una scuola materna? Abbiamo detto che in essa i bambini in arrivo ogni anno possono occupare soltanto i posti effettivamente liberi e gli unici posti che sicuramente, e per la maggior parte, si liberano sono quelli lasciati dai bambini di cinque anni che escono dalla materna per iniziare a frequentare la scuola dell'obbligo, cioè quella Elementare.

Ma se, ipotizziamo, da una scuola materna escono a Giugno dieci bambini di cinque anni, a Settembre ne entreranno solo altrettanti di tre anni; anzi, se la legge, non è mutata, se fra i nuovi iscritti ci fossero dei "ritardatari" di cinque anni che non hanno mai frequentato l'Asilo, questi avrebbero la precedenza su tutti perché hanno diritto a fare almeno un anno di scuola materna come propedeutica alla scuola Elementare.

Qual è il risultato finale di tutto ciò? Che difficilmente si viene a creare un gruppo in entrata di bambini di tre anni tale da formare da solo una sezione, cosiddetta omogenea: i numeri di legge mi sembra che siano minimo 15/massimo 28-29. Ecco così che i piccolini vengono distribuiti alla spicciolata all'interno delle diverse sezioni! Ma non è tutto qui: questa sarebbe la "necessità" metodologica ed organizzativa, ma c'è anche una componente di scelta vera e propria, con risvolti che sono anche didattici e di ambientamento.

Come le accennavo, la possibilità di scelta è quella di optare per una classe omogenea, con bimbi tutti della stessa età, oppure per una disomogenea, come quella di suo figlio. Si tratta del fatto che in un caso, come nell'altro, tutto cambia. Non so se lei ne ha un'idea, ma io che ci sono passata ce l'ho ben chiara davanti agli occhi: riesce ad immaginare una classe di 28 frugoli tutti di tre anni, tutti alla prima esperienza, tutti che piangono, tutti che vogliono la mamma, tutti chi con la pezza, chi con l'orso, chi col ciuccio, tutti o quasi che si fanno la pipì sotto??

Le assicuro che, quando mi è successo di avere una classe omogenea in inserimento, non mi bastavano né le braccia né le gambe per tenerli accanto a me e, al momento di tornare a casa, avevo la testa che mi ronzava per ore, l'udito ovattato e il mal di schiena!

Però, una volta che erano tutti inseriti, si filava liscio come l'olio, il lavoro e le proposte erano anch'essi omogenei, e il gruppo era affiatato. Nell'altro caso, invece, della classe disomogenea, i piccoli si inseriscono in mezzo a medi e grandi e questi li aiutano a crescere: normalmente si affida ad ogni medio o grande un piccolo, e quello si occupa di questo proteggendolo, aiutandolo e passandogli le consegne che ha già imparato. Si chiama "mutuo aiuto" e "spinta all'emulazione".

E un domani, quel piccolo sarà un grande e gli verrà affidato un nuovo piccolo! Certo è però che per l'insegnante la didattica diventa più impegnativa perché deve continuamente differenziarla su tre fasce, a meno che non ci sia la possibilità di lavorare su "intersezione", ma spiegare anche questo sarebbe davvero molto complicato! Insomma, avere una classe tutta di piccoli di tre anni, che piangono tutti insieme anche per…contagio, è estremamente pesante all'inizio, ma più facilitato dopo; lavorare, invece, su una classe mista mantiene il livello di complessità più alto e costante nel tempo.

Se dovessi dirle quali sono le mie preferenze personali, io opterei per la seconda ipotesi, perché i bambini, a qualsiasi età, comunque, hanno grandi capacità adattive e arrivano ad apprezzare le loro relazioni con gli altri al punto di…crescere! Tanti auguri e saluti.

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