1° domanda: io e mio marito abbiamo deciso di mandare la nostra bimba di sette mesi all'asilo nido, pur potendo disporre del tempo libero dei nonni. Ci sembra importante per lei frequentare altri bambini, oltre che adulti, e ricevere stimoli diversi e mirati. Ma da che età è consigliabile mandare i bimbi all'asilo? È vero che sino all’età di un anno non si divertono all'asilo?

2° domanda: io e mio marito siamo molto combattuti se mandare o meno nostro figlio all'asilo nido in quanto ha soli nove mesi. È troppo piccolo per entrare a far parte di una comunità, visto che ancora non sono in grado di socializzare? È vero che più il bimbo è grande più è difficile fare l'inserimento? È meglio cercare una baby-sitter e aspettare che il bimbo sia un po' più grande?

La domanda sull'opportunità o meno di inviare al nido un bambino di nove mesi non è corredata di elementi legati alla situazione famigliare: mi chiedo quindi se è una necessità trovare qualcuno a cui affidare il bimbo per motivi di lavoro o di altro genere, o se invece l'idea del nido sia legata ad una scelta educativa.

In entrambi i casi riterrei più confacente all'età del bambino, solo nove mesi, l'eventuale affido del piccolo ad una baby-sitter. In effetti il rapporto a due consentirebbe al bimbo di mantenere un rapporto di vicinanza affettiva con un solo adulto, per ora più importante per lui del contatto con i suoi pari, i quali in effetti a questa età tendono ad ignorarsi a vicenda.

Mi sembra opportuno sottolineare però che, anche nel caso di affido del piccolo ad una baby-sitter, la mamma dovrebbe passare all'inizio qualche ora con entrambi, e questo sia per rendersi conto della capacità di accudimento della persona a cui lasciare il proprio piccolo, sia per insegnare alla baby-sitter quali sono i segnali che il bambino emette quando è spaventato o stanco o ha bisogno di attenzione.

La grammatica dell'interazione creatasi tra madre e figlio in questi mesi potrebbe non essere del tutto chiara ad una estranea e quindi è di notevole importanza spiegarle come il piccolo segnala i suoi bisogni.

Se poi fosse possibile continuare a prendersi cura in prima persona del bambino io la riterrei la cosa più opportuna, poiché il bisogno di esplorazione e di socializzazione avviene in modo molto più protetto e privo di angosce per il bambino che può disporre della sua mamma come fonte di sicurezza.

Per quanto riguarda il problema che viene posto circa una maggiore difficoltà di inserimento all'asilo di un bimbo più grande, io ritengo che il problema vada posto in questi termini. Un bambino di nove mesi può piangere e mostrare il proprio disagio in altri modi, sentendosi "abbandonato" dalla propria mamma, ma le sue capacità di comunicazione e quindi le sue reazioni sono molto meno evidenti di quelle che potrebbe emettere un bambino di tre anni, ma in realtà, pur essendo meno conclamate, sono senza alcun dubbio più significative e quindi da tenere in maggiore considerazione.

Un bambino di tre anni, che ha invece imparato ad allontanarsi gradualmente dalla propria fonte di sicurezza, costituita dalla mamma, avrà quasi certamente una prima reazione di pianto nel cominciare a frequentare la scuola materna, ma l'inserimento graduale può di molto ridurre in lui l'angoscia di separazione; in ogni caso a tre anni il bimbo ha già in parte la capacità di prevedere che la sua separazione dalla mamma sarà solo "un momento" della sua giornata, in quanto avrà già sperimentato, e spesso con successo, che l'allontanamento dalla mamma non si ridurrà in un "abbandono".

Inoltre a tre anni i bambini hanno aumentato notevolmente le loro competenze sociali e le loro capacità comunicative e per questo l'inserimento in una scuola materna costituisce per loro un passo importante, ma al quale sono ormai pronti, per un inserimento in un gruppo di pari con precise regole che non sono più legate soltanto ai loro bisogni, ma legate invece al funzionamento della piccola microstruttura della sua classe.

Concludendo io consiglierei ai genitori, che hanno la possibilità di scegliere, di tenere i propri bambini a casa fino all'età di tre anni; in seguito l'inserimento nella scuola materna può essere molto più utile al piccolo, riducendo al minimo l'angoscia di separazione e comportando al contrario un potenziale enormemente positivo per la possibilità di incominciare a modulare il proprio comportamento sociale con il gruppo dei pari.

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