Mio figlio di 2 mesi e mezzo da quando è nato dorme poco e piange molto tra una poppata e l'altra, senza nessuna regola fissa di orari, a parte la tendenza a dormire di più nelle ore notturne (per fortuna!). Finora l'ho allattato al seno senza orari fissi, ma tentando di far trascorrere almeno 3 ore tra un pasto e il successivo per consentire una sufficiente produzione di latte. Ora il bambino fa da 6 a 8 pasti al giorno di cui 1 o 2 notturni. Alla dimissione pesava 3,2 kg e finora è cresciuto bene (3 kg in 10 settimane). Il suo comportamento è rimasto quasi invariato, continua a dormire poco e quando è sveglio per un po' sta tranquillo e sorride e poi inizia a piangere. Di solito, ma non sempre, si calma se preso in braccio e cullato camminando (ma guai a sedersi, se ne accorge subito). Qualche volta per necessità l'ho lasciato nel lettino e lui ha continuato a piangere disperatamente per anche un'ora interrompendosi ogni tanto per pochi minuti. Poi per la stanchezza ha dormito di più nelle ore successive. Ho provato a somministrargli antispastici per le coliche senza nessun beneficio. Le domande sono:
- Devo provare ad allattarlo ogni volta che piange o è più ragionevole far passare almeno 3 ore, considerando che molte volte continua a piangere anche dopo mangiato, per cui evidentemente piangeva per altri motivi? Si può capire se piange per fame?
- Considerando che mi è difficile tenerlo in braccio e camminare per ore e che comunque a volte non basta neanche questo, se il bambino piange anche dopo mangiato, è pulito e non mostra altri problemi evidenti, posso lasciarlo nel suo lettino anche se piange disperatamente? E per quanto tempo lo posso lasciare, senza temere conseguenze negative?
Non esistono i neonati che mangiano, dormono e non piangono mai. Ve ne sono alcuni che piangono di meno ed altri che strillano di più: ma nelle prime settimane di vita, in realtà, i neonati piangono tutti, in media circa due ore al giorno. E con il passare del tempo è normale che le ore di pianto aumentino, arrivando abitualmente, a sei settimane di età, a quattro.
Tutto ciò si spiega con il fatto che un lattante ha a disposizione pochi mezzi per comunicare con il mondo che lo circonda ed il più importante di questi è proprio il pianto. Come ogni linguaggio, anche il pianto è formato da suoni, da espressioni diverse che hanno un significato preciso. Non esistono regole precise per interpretare le strilla di un bambino, ma con il passare del tempo i genitori imparano a decifrare i vari tipi di pianto e a capire quello che il figlio vuole.
C’è il pianto breve e ritmico che si fa a mano a mano più intenso quando il bambino ha fame o sete o il pianto lamentoso del bebè troppo stanco o annoiato o il pianto improvviso, disperato, inconsolabile, spesso accompagnato da sudorazione e arrossamento del viso, del lattante che ha dolore (ad esempio per una colica o per il mal d’orecchio) o il pianto che scoppia inaspettatamente quando sta per addormentarsi e che serve al piccolo per scaricare l’eccesso di tensione accumulata durante la giornata.
Quando i genitori non riescono ad interpretare i messaggi del figlio, può essere utile seguire alcuni accorgimenti:
- offrirgli dell’acqua o una tisana o il ciuccio o del latte
- prenderlo in braccio cantandogli la ninna-nanna e cullandolo, ma non troppo lentamente come fanno alcuni genitori. Alcuni studi hanno dimostrato che il ritmo più efficace è di 60 oscillazioni al minuto, con un ampiezza di circa 10 centimetri
- accarezzarlo delicatamente parlandogli con dolcezza tenendolo a pancia in giù sulle vostre ginocchia
- controllare che il pannolino non sia bagnato o che il piccolo non sia sudato e accaldato o che non abbia il nasino chiuso o che gli indumenti non siano troppo stretti
- sistemargli la testa sulla spalla picchiettandolo sulla schiena in modo da favorire la fuoriuscita di aria dallo stomaco
- fargli un bagnetto tiepido in modo da rilassarlo
- sistemarlo nel marsupio in modo da avere le mani libere e non doverlo tenere in braccio troppo a lungo.
Concludendo, un lattante di pochi mesi di vita non piange mai solo per capricci o per fare un dispetto, ma per esprimere uno stato di malessere oppure per attirare l’attenzione al fine di comunicare le sue esigenze. È sicuramente un errore ignorare le sue lacrime o abbandonare il bambino nella sua stanzina fino a che il pianto cessi per esaurimento, ma occorre cercare di mettere in atto tutti gli accorgimenti per alleviare la sua pena.
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