Dal momento che l'amniocentesi e la villocentesi non possono essere eseguite su tutte le donne gravide, sia perché sono esami estremamente costosi e sia perché hanno un rischio di aborto (che, se pur basso, non è comunque da trascurare), la ricerca scientifica è tuttora alla ricerca di test in grado di svelare una sindrome di Down senza alcun intervento traumatizzante.
Tutto ciò al fine di personalizzare, per così dire, la stima del rischio di partorire un bambino con sindrome di Down, con una precisione assai più elevata rispetto alla sola età materna.

Il Tritest, ad esempio, consiste in un prelievo di sangue che la gestante può effettuare tra la 15° e la 17° settimana di gravidanza.

Esso permette di valutare la presenza di tre sostanze prodotte in parte dalla placenta ed in parte dal fegato del feto: l'alfafetoproteina, l'estriolo non coniugato e la beta-gonadotropina corionica. I risultati ottenuti vengono inseriti in un computer che, con un apposito programma, li elabora prendendo in considerazione alcuni parametri come l'età materna, il peso corporeo della madre, la settimana di gestazione datata ecograficamente, la presenza di patologie materne (come ad esempio il diabete), un'eventuale gravidanza gemellare. L'elaborazione di tutti questi dati fornisce un numero, che esprime la probabilità che la gestante possa avere un figlio affetto dalla sindrome di Down.

Il Tritest di conseguenza non dà alcuna certezza, ma permette di identificare quelle donne che potrebbero decidere di sottoporsi ad un'amniocentesi, avendo un rischio più elevato di partorire un bambino affetto da mongolismo.
E' importante sottolineare che circa il 98% delle donne che presentano un Tritest positivo (e che quindi hanno un rischio più elevato di avere un bambino affetto dalla sindrome di Down), partoriscono un figlio perfettamente normale.

Occorre inoltre ricordare che il Tritest individua all'incirca il 60% delle sindromi di Down e che, d'altra parte, le madri con un Tritest negativo hanno lo stesso una probabilità, inferiore a 1:2000 nati, di avere un figlio affetto per cui l'esame serve prevalentemente ad individuare le gestanti con un rischio aumentato.

Per incrementare la stima del rischio di avere un bambino Down il Tritest viene ora associato al test della "translucenza nucale", un'indagine ecografica che si esegue tra la 10° e la 13° settimana di gestazione. L'esame consiste nella misurazione dello spessore di edema (accumulo di liquido) sottocutaneo a livello della nuca del feto: questa zona, infatti, tende ad avere dimensioni aumentate negli individui affetti da mongolismo.

Recentemente è stata individuata nel sangue materno una sostanza di origine placentare chiamata "Proteina A Associata alla Gravidanza" (abbreviata in lingua inglese come PAPP-A). Questa sostanza è presente già dall'8°-9° settimana di gestazione ed un suo basso livello aumenta il rischio che il figlio sia affetto dalla sindrome di Down.
Il dosaggio della PAPP-A, assieme a quello della beta-gonadotropina corionica, prende il nome di Duotest ed ha il vantaggio di individuare più precocemente, già nel primo trimestre della gravidanza, le donne con aumentato rischio di avere un figlio malato.

Altro su: "Il tritest"

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