A differenza di altre metodiche, l'ecografia non ha niente a che vedere con le radiazioni. Di uso abituale in campo diagnostico da oltre 30 anni, non se n'è mai evidenziato alcun effetto dannoso sul nascituro, neppure a lungo termine: né sul normale sviluppo degli organi fetali, né sulle capacità di apprendimento né sulla funzione uditiva degli individui esposti in utero a indagini ecografiche.

Per tali ragioni, con le apparecchiature oggi utilizzate, l'ecografia si configura come indagine strumentale del tutto esente da rischi; il fatto che sia innocua non ne giustifica però il ricorso quando non sia il medico a prescriverla.

Tre sono le ragioni più frequenti per cui la si esegue:

  •  determinare con precisione l'età gestazionale
  •  accertare che lo sviluppo del nascituro sia nella norma
  •  verificare la presentazione del feto.

Infatti è possibile determinare l'età gestazionale (e, per conseguenza, la data presunta del parto, con un'approssimazione di 3-5 giorni), la quale, come noto, viene calcolata in base alla data dell'ultima mestruazione; purché, ovviamente, la donna la ricordi in modo sicuro oppure abbia sempre avuto flussi regolari.

Se così non fosse, l'indagine ecografica eseguita nei primi tre mesi di gestazione consente di misurare la lunghezza cefalo-coccigea del feto (CRL, dall'inglese Crown Rump Lenght), di verificare cioè se lo sviluppo del nascituro corrisponda davvero all'epoca presunta della gravidanza.

È inoltre possibile visualizzare il battito cardiaco dell'embrione (BCF), che ha una lunghezza tra 2-5 mm, di preferenza con una sonda vaginale.

Altro su: "Il ruolo dell'ecografia in gravidanza"

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