Considerandoci non più un paese a rischio di epidemie, perché le vaccinazioni devono cominciare in così tenera età e non più avanti quando il sistema immunologico dello stesso è considerato più maturo e quindi meno esposto a problemi che, seppur rari, possono generare le vaccinazioni stesse?
Occorre premettere che, sebbene lo scopo immediato di una vaccinazione sia quello di prevenire la malattia del singolo individuo o di una popolazione, l'obiettivo finale è molto più ambizioso in quanto tende alla soluzione globale del problema, cioè alla eradicazione della malattia. Esempio paradigmatico ne è la vaccinazione contro il vaiolo che ha raggiunto il risultato finale, cioè la scomparsa definitiva del vaiolo dalla faccia della terra, per cui non si è verificato più alcun caso di malattia naturale dal 1977.
Attualmente la lotta è rivolta verso le grandi malattie infettive: Difterite, Tetano, Poliomielite, Pertosse, Epatite B, Haemophilus Influenzae, Morbillo, Rosolia, Parotite, Tubercolosi. Per ottenere il risultato finale sono due gli aspetti che vengono particolarmente presi in considerazione: la precocità di inizio delle vaccinazioni e l'attenzione alle controindicazioni ed alle reazioni avverse alle stesse. Per quel che concerne il primo punto, occorre specificare che un vaccino deve essere somministrato, in via teorica, solamente a soggetti che siano in grado di offrire un'adeguata risposta immunologica. In effetti, nei primi mesi di vita l'immunità umorale, ossia la capacità di produrre anticorpi, è meno attiva per cui la vaccinazione contro la Difterite od il Tetano o la Pertosse nei primi mesi di vita è meno immunogena di quanto lo sarebbe se venisse eseguita più tardivamente.
Tuttavia, i benefici ottenuti nella popolazione con un uso precoce del vaccino (terzo mese), per le difese offerte a soggetti ad alto rischio, indicano chiaramente che l'introduzione deve essere fatta precocemente, nonostante le ridotte risposte immunologiche. Inoltre, bisogna considerare che la risposta anticorpale è diversa da una vaccinazione all'altra; per alcuni vaccini essa è già evidente dopo una singola dose mentre per altri la risposta è solo parziale e sono necessarie dosi successive (almeno tre) perché nel sangue siano presenti anticorpi adeguatamente protettivi: molti vaccini, infatti, non conferiscono una buona risposta in tutti i riceventi dopo la prima somministrazione, ma è necessario usare dosi successive, opportunamente intervallate. Risulta perciò evidente la opportunità di iniziare il più precocemente possibile il ciclo vaccinale al fine di avere una copertura anticorpale completa al più presto.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, occorre fare un distinguo tra le controindicazioni alle vaccinazioni, che sono condizioni ben conosciute e rispettate, e le reazioni avverse ai vaccini le quali, sebbene registrate, vanno ridimensionate e non certo imputabili sempre alla immaturità immunologica. Infatti, gli eventi che seguono ad una vaccinazione non sono necessariamente causati dal vaccino e per poter stabilire un nesso di causa-effetto tra la somministrazione di un determinato vaccino ed una reazione avversa, è necessario accertare che l'incidenza di una determinata malattia in seguito ad una vaccinazione è significativamente più elevata dell'incidenza della stessa malattia in assenza di quella vaccinazione. Pertanto, deve essere usata cautela nell'interpretazione degli effetti collaterali in seguito a vaccinazioni, in quanto potrebbe trattarsi di semplice associazione temporale e non causale. Comunque sia, si provi ad immaginare cosa accadrebbe ad un bambino che ha complicanze dopo il contatto con un virus "attenuato" o con una tossina resa innocua il giorno che venisse a contatto con il virus "selvaggio" o con la tossina non modificata.