Mia figlia di 17 mesi, cinque mesi orsono ha avuto una convulsione febbrile con la febbre a 37,5 (ereditaria nella famiglia del papà) ed è stata ricoverata. Poi, dopo alcuni mesi, aveva la febbre a 37 e, mentre dormiva, per pochi secondi si è irrigidita: io la chiamavo ma non si svegliava. Infine un paio di giorni fa, mentre dormiva, non aveva la febbre ma si è irrigidita e si è bloccato il respiro, tutto per pochi secondi; poi la sera le è salita la febbre a 38. Come devo comportarmi: deve fare qualche esame specifico?
Considerate le caratteristiche degli episodi descritti, senz’altro la bambina soffre di convulsioni febbrili semplici (CFS). Si tratta di una condizione dovuta ad una particolare reattività del sistema nervoso ad uno stato febbrile, specie se la febbre si innalza bruscamente, che interessa circa il 3% dei bambini sani tra i 6 mesi ed i 5-6 anni.
Non se ne conosce esattamente il meccanismo scatenante: sono considerate come la conseguenza di un’immaturità del sistema nervoso per cui le cellule cerebrali, sotto l’effetto della temperatura febbrile, hanno una “reattività” in certi casi esagerata.
E’ stata dimostrata una predisposizione genetica e per questo sono di frequente riscontro altri casi tra i familiari del bambino. Talvolta la febbre non è presente al momento della convulsione ma compare poco dopo la fine della crisi; alcune volte, invece, la crisi convulsiva sopraggiunge quando la febbre sta calando.
Solitamente la convulsione febbrile si manifesta con perdita di coscienza e scosse degli arti, talvolta con uno stato di rigidità o di ipotonia muscolare. In genere dura pochi minuti ed è seguita da sonnolenza ed iporeattività.
Nella maggior parte dei casi rimane un episodio isolato e non si verifica più. È del tutto eccezionale che possa manifestarsi più di una crisi convulsiva nel corso di uno stesso episodio febbrile.
Invece, nel 30-40% dei casi, può accadere che si verifichino altri episodi (recidiva) dopo la prima crisi convulsiva, anche a distanza di mesi o anni, ma sempre in presenza di febbre. Le recidive sono più frequenti se l’insorgenza della prima convulsione è precoce, soprattutto se si verifica durante il primo anno di vita.
Comunque sia, le CFS sono considerate episodi benigni e non pericolosi perché sono di breve durata (non superiore a 15 minuti), mentre una convulsione deve durare ore per produrre un danno a livello cerebrale. In genere scompaiono tra i 5 e 6 anni, anche se alcuni autori le ritengono possibili fino ai nove anni.
I tentativi di mantenere bassa la temperatura non riescono ad evitare gli episodi convulsivi; tuttavia, si utilizzano farmaci che abbassano la febbre e mezzi fisici (bende bagnate e spugnature d’acqua sul corpo) soprattutto perché attenuano lo stato di malessere del bambino.
Non è stata dimostrata una relazione causa-effetto tra convulsioni febbrili ed epilessia: è stato valutato che il rischio di epilessia nei bambini che hanno avuto CFS è di circa l’1,5% rispetto all’incidenza nella popolazione generale (stimata intorno allo 0,5%).
In conclusione, non esiste alcun esame specifico da eseguire in caso di CFS, come quello descritto dal lettore. Eventualmente, sarà il pediatra a decidere di volta in volta l’utilità di effettuare esami ematochimici e/o strumentali (es. elettroencefalogramma).
A tutti i bambini che hanno avuto una prima crisi, viene prescritto il Diazepam per uso rettale da tenere a casa e da usare in caso di nuovi episodi convulsivi di durata superiore ai 3-4 minuti (esistono in commercio microclisteri da utilizzare a domicilio).
Ricordiamo, però, che la maggior parte delle CFS si esaurisce in 1-2 minuti e pertanto non richiede alcun trattamento.
Per ridurre il rischio di recidive, in caso di febbre è importante adottare misure adeguate per riportare la temperatura a valori normali: liberare il corpo da eccessivi indumenti; somministrare Paracetamolo al giusto dosaggio, anche 4-5 volte al giorno; applicare spugnature di acqua tiepida e/o la borsa del ghiaccio o pezze bagnate sulla fronte.
Quindi, in caso di recidive di CFS, la valutazione del pediatra può consentire la gestione del problema a domicilio. Altro discorso riguarda, invece, i casi di convulsioni febbrili complesse (CFC).
Si tratta di crisi convulsive focali o generalizzate prolungate, ossia di durata superiore a 15 minuti, o ripetute entro le 24 ore, e/o seguite da anomalie neurologiche, più frequentemente una paresi post critica (paresi di Todd).
Una CFC può, infatti, essere dovuta ad una patologia acuta del Sistema Nervoso Centrale, oppure costituisce l’esordio di particolari sindromi epilettiche, ma potrebbe essere semplicemente una convulsione febbrile prolungata con la stessa prognosi delle forme semplici.
Pertanto, in questi casi è sempre indicato il ricovero ospedaliero e sono fortemente raccomandati accertamenti ed approfondimenti diagnostici.
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