Mio figlio ha 16 mesi ed è un bambino sano, allegro e solare. Da quando ha 11 mesi si trascina ovunque una copertina che associa sempre al ciuccio. Non lavorando è sempre stato con me anche se da settembre frequenta, solo la mattina, l'asilo nido dove sembra trovarsi molto bene. Mi chiedo però come mai abbia questo attaccamento morboso a questi due oggetti (coperta e ciuccio). Può essere dato dal fatto che sono iperprotettiva o sbaglio qualcosa nell'approccio con mio figlio? Io ho sempre dedicato tutto il mio tempo a lui giocando, leggendo, portandolo ovunque, coccolandolo e cercando di assecondarlo nei suoi desideri. Non mi spiego quindi cosa provochi in lui questa necessità. Posso fare qualcosa per renderlo meno dipendente da questi oggetti?
La copertina e il ciuccio sono dei cosiddetti "oggetti transizionali". Winnicott [N.d.R.: Donald Winnicott (1896-1971) era un medico pediatra e psicoanalista inglese che studiò a lungo e profondamente tale fenomeno] introdusse l'"oggetto transizionale" per indicare un qualsiasi oggetto di tipo materiale che viene investito emotivamente ed acquista un valore elettivo tale per cui sarà impossibile separarsene, soprattutto al momento di addormentarsi (separazione).
Tale oggetto ha per il bambino un valore particolare e un significato affettivo molto intenso in quanto ricorda il contatto con la mamma ed è la prima ricchezza che egli possiede. È quasi sempre qualcosa che nelle mani del piccolo si anima di una vita propria e di un potere magico capace di diffondere fiducia, protezione e sicurezza, nei momenti cruciali.
L'oggetto transizionale si posiziona in una zona intermedia fra l'interiorità del bambino (soggetto) e l'esterno (oggetto) dal momento che durante le prime esperienze di separazione il bambino non è in grado di rendersi conto che la lontananza dalle figure di riferimento è momentanea e soprattutto non ha ancora interiorizzato la loro presenza.
La copertina e il ciuccio, quindi, svolgono la funzione di proteggere il bambino dall'ansia di separazione tipica dell'età e delle prime esperienze di lontananza dalle figure di riferimento primarie. Il ruolo dell'oggetto transizionale è pertanto quello di accompagnare il bambino e di fungere da rappresentante concreto dell'ambiente familiare, qualcosa da stringere se si sente solo, da accarezzare se ha bisogno di coccole, da tenere vicino se si sente insicuro.
In quanto tale, non solo non è assolutamente una forma di dipendenza, ma anzi rappresenta una tappa fondamentale nello sviluppo psicologico e sociale del bambino perché consente al bambino di effettuare la transizione dalla prima relazione con la madre alla relazione con l'altro.
Quando il bambino si sentirà sufficientemente sicuro emotivamente per poter affrontare gli ambienti e le persone nuove, quando avrà terminato il processo di interiorizzazione delle figure di riferimento e quando aumenterà il suo interesse per gli stimoli sociali e culturali, lascerà spontaneamente i suoi oggetti transizionali.
Pertanto, l'abbandono o la modifica degli oggetti transizionali non vanno assolutamente forzati. Inoltre, in momenti di cambiamenti, fasi critiche e di sconforto si potrebbe ripresentare un uso e una ricerca dell'oggetto transizionale anche dopo che questo è stato abbandonato.
Secondo Winnicott l'esperienza dell'oggetto transizionale può prolungarsi per tutta la vita. Ogni bambino crea quindi il proprio oggetto transizionale nel momento in cui investe qualcosa di significativamente affettivo e personale.
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