"Cerco di parlare con mio figlio adolescente, ma lui non mostra alcun interesse, rifiuta il dialogo o risponde solo a monosillabi, preferisce parlare con gli amici, anche quando voglio discutere temi che considero importanti per lui non ottengo risposte: queste sono frasi che possono essere sottoscritta da molti genitori". (D. Sampaio).
Circa quarant'anni fa i figli si lamentavano perché non era facile affrontare con i genitori determinati argomenti, come ad esempio sesso, droga e violenza. Per avere risposte e pareri si rivolgevano al di fuori della famiglia, ad amici e adulti.
Che fare se i figli non vogliono conversare con i genitori? Daniel Sampaio, medico psichiatra, che ha maturato una lunga esperienza con il mondo giovanile, suggerisce quanto segue.
- Verificare se è stato tentato veramente tutto. L'amore stimola l'inventiva di un genitore che può trovare sempre nuove strade di approccio. Bisogna però pensare, osservare, studiare, consigliarsi con altri.
- Abituarsi a chiacchierare e a scambiarsi impressioni con i figli fin da piccoli: quando saranno adolescenti sarà meno difficile il dialogo.
- Accettare, rispettare e riconoscere le differenze tra i figli e attendere il momento più opportuno per la conversazione. Ogni figlio è diverso dall'altro: lo sappiamo bene. Allora parole e modi diversi per ognuno.
- Approfittare dei momenti di distensione. Evitare conversazioni in tono formale e con ordine del giorno annunciato. Una situazione distesa e disimpegnata facilita il dialogo.
- Saper anche attendere l'iniziativa dei figli, che si aprono quando lo ritengono opportuno. I genitori possono imparare a mettere da parte il bisogno impellente che provano di "ricevere delle parole" dal figlio.
- Approfittare di lavori in casa per scambiare idee. Quando si apparecchia la tavola, si fa una riparazione, si mette in ordine una stanza.
- Evitare l'eccesso di domande. La domanda può mettere in imbarazzo se è troppo diretta e invadente; può anche esercitare un "effetto dominanza": io ti domando e tu sei "tenuto" a rispondere: metterebbe quindi il giovane in una situazione di inferiorità. Nel dialogo invece è meglio viaggiare alla pari.
- Rispettare l'intimità dei giovani. Evitare intrusioni e "indagini". Solo se vogliono possono aprire agli altri il loro mondo intimo. L'apertura può partire solo da una confidenza libera e non può essere forzata dall'esterno: se così fosse, si otterrebbe una confidenza "violata", seguita da una chiusura prolungata nel futuro.
- Ascolto e fiducia. Se il figlio fa una confidenza, ascoltarlo con molta attenzione evitando qualsiasi giudizio anche solo interiore su quello che lui racconta. Si affronterà con calma il problema, trovando insieme delle soluzioni. Descrivere i fatti, valutare l'accaduto, ma evitare di giudicare le persone.
- Discrezione. Quando si ascolta la confidenza di un figlio, lui deve essere sicuro che quello che racconta non sarà divulgato a nessuno. Mai parlare di argomenti intimi o delicati in presenza dei fratelli, di amici di famiglia, di parenti, per esempio in occasione di un pranzo o di una gita insieme. Cercare invece una situazione e un luogo adeguati. Una chiacchierata in un posto riservato o in auto, passeggiando, andando a fare acquisti.
"E se, dopo aver tentato tutto, il figlio resta chiuso in un silenzio preoccupante, dico ancora una volta di non desistere. Accertatevi che sappia di poter contare su di voi quando avrà bisogno di sfogarsi su qualsiasi tema o quando sentirà di aver bisogno di voi". - Daniel Sampaio, Nella tempesta dell'adolescenza, Francoangeli, pp 62-64.
Daniel Sampaio, è professore di psichiatria presso la facoltà di medicina di Lisbona. Responsabile del servizio di psichiatria dell'ospedale Santa Maria di Lisbona, si è occupato principalmente di giovani a rischio. Allievo di Carl Whitaker, è uno dei promotori della terapia familiare in Portogallo.
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