Siamo i genitori di due gemelli maschi di quattro anni e mezzo. Volevamo proporVi un quesito su un episodio che si è verificato recentemente. E' accaduto che uno dei nostri bambini, cadendo su un prato mentre correva, si è messo a piangere. Il suo pianto è stato molto particolare: infatti il bambino è andato in apnea e questa è durata molti secondi, tanto che il bambino ha perso momentaneamente i sensi gettando la testa all'indietro e rigirando gli occhi, ovviamente non si reggeva neanche in piedi. Poi fortunatamente si è ripreso. Successivamente, quando ci siamo ripresi dal grande spavento, abbiamo controllato che il bambino non avesse ematomi gravi o escoriazioni, quindi abbiamo presupposto che non si fosse fatto molto male. Quando i nostri figli avevano pochi mesi spesso andavano in apnea piangendo, ma i pediatri che abbiamo consultato ci hanno sempre rassicurato dicendoci che in quei casi potevamo soffiare dell'aria nella loro bocca, ma ora sono grandi: è normale che ancora accada? In questi casi come ci si deve comportare?

Il quadro descritto sembra proprio quello degli spasmi affettivi, cioè di una crisi su base emotiva nella quale, per una causa anche banale (un divieto, una lite per gioco), scatta un pianto irrefrenabile, in cui il bambino trattiene il fiato e che culmina con lo svenimento (perdita di sensi da scarsa ossigenazione). A dispetto della drammaticità del quadro (che terrorizza di regola i presenti!), si tratta di un evento senza conseguenze, in quanto, una volta svenuto, il piccolo riprende a respirare automaticamente (nessuno può suicidarsi tenendo il fiato!) e la cosa finisce lì.

Il problema sorge quando il piccolo scopre che, in seguito all'accaduto, ha acquisito un potere che prima non aveva: quello di tenere in scacco la famiglia. Allora, non appena se ne ripresenta l'occasione, ripete il comportamento che si è rivelato vantaggioso. Quindi, il consiglio è quello di cercare di tenere un atteggiamento il più possibile controllato, senza tragedie né allarmi. Al limite, quando il bambino inizia la crisi di pianto, andare via in un'altra stanza, togliendo subito al neo attore tragico il pubblico per la sua tragedia.

Nel vostro caso, il problema è l’età: non è abituale che tale comportamento, tipico del secondo-terzo anno di età, si protragga ancora dopo i quattro anni. Per questo, ritengo comunque opportuna una valutazione neurologica infantile, con una descrizione accurata delle modalità della crisi e una visita generale. Occorre infatti sgombrare il campo dal dubbio che possa trattarsi di una crisi convulsiva, anche se le modalità di insorgenza fanno proprio pensare ad un quadro di spasmi affettivi.

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