L'immagine di un obeso, sia adulto o bambino, non è una raffigurazione facilmente riscontrabile nella storia dell'arte; più spesso viene messo in evidenza il problema della fame, della povertà, della carestia e la condizione umana che ne consegue.
L'arte, per alcune tendenze artistiche soprattutto ottocentesche, vuole essere specchio della realtà e in diversi casi veicolo di denuncia sociale. Ma è il cibo e l'atto del mangiare e del cucinare che detiene un posto importante nella rappresentazione artistica: viene presentato ricco ed abbondante su una aristocratica tavola imbandita, completamente assente o estremamente frugale su una mensa povera e desolata, oppure offerto come metafora delle virtù o satira dei vizi umani.
La grassezza o l'obesità hanno sempre portato con sé significati opposti: da una parte quello del potere, della ricchezza, associato a volte all'ingordigia e alla avidità, e dall'altra quello della allegria, della convivialità, dei piaceri carnali, con evidenti connotazioni grottesche.
Nella tradizione celtica e germanica la figura del "gran mangiatore" era un personaggio positivo che, proprio mangiando e bevendo molto, esprimeva la sua superiorità; infatti l'eroe della mitologia germanica e dei poemi cavallereschi è ingordo ed insaziabile. Nel Medioevo il vizio della gola era considerato uno dei 7 peccati capitali, quindi da aborrire, ma nel contempo la corpulenza e il grasso, identificati con la carne, proponevano un esempio di benessere e felicità. L'individuo che mangia o che sta preparando il cibo diventa quasi una metafora alimentare, un messaggio da leggere a più livelli, una espressione simbolica che rimanda ad altri e più complessi problemi psicologici.
La raffigurazione più antica della forma umana, chiamata "Venere di Willendorf" (30000-20000 a.c.) conservata al Museo di storia Naturale di Vienna, è la statua di una donna obesa, con grosse mammelle e un addome enorme, chiaramente legata al concetto di fecondità, di fertilità femminile e di nutrimento di vita.
Questo modello di obesità femminile persistette a lungo nei periodi arcaici.
Per alcune popolazioni antiche dell'Africa era consuetudine mandare in case di ingrasso le ragazze arrivate alla pubertà in modo da prepararle al matrimonio. Situazione inversa per le antiche civiltà occidentali come quella greca e romana che invece preferivano una linea snella e vigorosa. I giovani spartani venivano ispezionati nudi una volta al mese e chi fosse aumentato di peso era costretto a dedicarsi ad esercizi fisici per non ingrassare.
Si passa così da una grande considerazione ad una pessima opinione.
Molto calzante è la valutazione di un medico tedesco ottocentesco, Wilhelm Ebstein, che divise l'obesità in tre stadi, definendoli rispettivamente "invidiabile, comica e miserevole". Ma diverso era il giudizio sui bambini: un bambino grasso era considerato un bambino sano, in grado di sopravvivere alle difficoltà e alle malattie.
E in arte che posto aveva l'infanzia obesa?
Obesità tra sacro e profano
Se pensiamo ad una immagine artistica di un bambino grassottello e paffuto pensiamo subito ai numerosissimi putti che hanno invaso l'arte del Rinascimento e del Barocco. Le opere di grandi artisti come il nostro genio Tiziano o il pittore fiammingo Pieter Paul Rubens, solo per fare due esempi insigni, sono piene di puttini, che chiamati anche amorini o cupidi, sono spesso accostati ad altre figure artistiche che incarnano il concetto di obesità come Bacco o il Satiro. I putti sono bambini completamente nudi, senza una caratterizzazione fisionomica precisa che li possa distinguere l'uno dall'altro, intenti in varie attività ludiche, ma tutti grassottelli, pieni di ciccia e propongono un ideale infantile universale: un immagine di salute e serenità. Ma l'immagine del bambino obeso non ha risparmiato neppure il Bambino Gesù che in alcuni casi viene raffigurato così florido da far sorridere dalla tenerezza: tra le braccia della loro Mamma, molto spesso mentre ciucciano il latte dal suo seno, i Bambino Gesù di Lorenzo di Credi o di Marinus van Reymerswaele sorprendono per la veridicità della loro descrizione, per l'ostentato compiacimento nel ritrarre l'obesità infantile. Forse i pittori avevano davanti ai loro occhi come modello un figlio o un fratello particolarmente in sovrappeso.
Obesità a tavola
Dalla religione passiamo ora ai piaceri profani, ed in particolare all'arte fiamminga e olandese del 1500 e 1600 che ha prodotto numerose immagini artistiche legate alla cucina e alle tavole imbandite. Sono generalmente opere ad alto significato simbolico, legate sia alla esaltazione delle virtù domestiche borghesi sia alla condanna dei vizi umani. L'arte nordica ha sviluppato una particolare attenzione per la pittura di genere, in cui vengono presentate scene di vita quotidiana con una predilezione peculiare per i bambini. In quell'epoca non c'era una vera e propria separazione tra il mondo adulto e quello infantile, ma forte era l'indicazione di dare il buon esempio e una buona educazione alle virtù. Nelle incisioni di Peter Bruegel il Vecchio e nei quadri di Jan Steen o Jacob Jordaens, nel disordine di banchetti pantagruelici vengono presentati molti bambini che mangiano, bevono, fumano e si comportano in modo sconveniente, ma soprattutto sono grassi ed obesi come gli adulti. L'immagine artistica diventa chiaro messaggio moralistico: ci viene ricordato che i vizi e le cattive abitudini apprese da piccoli continuano inevitabilmente in età adulta; in particolare i corretti stili alimentari devono essere insegnati molto presto ai bambini. Questa è una vera e moderna educazione alla salute.
Obesità e malattia
Ma l'obesità è molto spesso dovuta non solo a disordini alimentari o a abbondanti libagioni, ma purtroppo a disfunzioni e a patologie mediche (metaboliche, ormonali, genetiche). In arte alcune anomalie infantili fisiche o psichiche hanno interessato i grandi artisti del passato. Diego Velasquez, Josè Ribera, Alonso Coello, Caravaggio, Andrea Mantegna si sono soffermati su bambini sfortunati, come nani, storpi o altri che, considerati "scherzi della natura" o "prodigia", erano ricercati dalle corti principesche e reali per essere mostrati come vere e proprie rarità e curiosità sensazionali. Quindi grande scalpore e curiosità suscitò nel 1680 l'arrivo di una nobile bambina di 6 anni alla corte madrilena di Carlo II. Si chiamava Eugenia Martinez Vallejo ed era grossissima, talmente grossa che venne chiamata "La Mostruosa". Su di lei furono stilate relazioni dettagliate del suo corpo e delle sue misure (pesava ben 67 chili) e furono avanzate molte ipotesi mediche, la più credibile appare essere oggi quella di sindrome di Cushing. Fu anche dato incarico al pittore di corte Juan Carreno de Miranda di immortalarla in due ritratti: uno più elegante ed ufficiale e l'altro in versione adamitica, come se fosse un dio Bacco (entrambi conservati al Museo del Prado a Madrid). Nel pittore prevale però il desiderio di umanizzare il soggetto, di avvicinarsi con comprensione e simpatia al suo mondo e di non farlo diventare solo un fenomeno da baraccone. Obesità ed arte contemporanea Nel corso dei secoli altri artisti hanno scelto di ritrarre bambini più o meno grassi, senza però una esasperata morbosità o un intento moralistico, ma semplicemente riproducendo la realtà che stava davanti ai loro occhi oppure dando sfogo alla loro fantasia: così ricordiamo alcuni bambini di Antoine Van Dyck, oppure di Van Gogh o di Henri Rousseau.
Ma colui che ha dato forma artistica all'obesità è stato l'artista latino-americano, Fernando Botero, nato nel 1932 in Colombia; egli ha creato un mondo extralarge, formato da uomini, donne, bambini decisamente fuori misura. Le sue creazioni sono dipinte o scolpite con una surreale ironia, senza che traspaia dal loro viso alcun sentimento o emozione. Solo calma e quiete. Sembra aver dato voce a tutti i grassoni del mondo.
Riferimenti iconografici
- Tiziano Vecellio (1490 ca - 1576), Il trionfo di Venere, 1518 ca, Madrid, Museo del Prado
- Pieter Paul Rubens (1577 - 1640), La festa di Venere, Vienna Kunsthistorisches Museum
- Lorenzo di Credi (1459 - 1537), Madonna con Gesù Bambino, Roma, Pinacoteca Vaticana
- Marinus Van Reymerswaele (1493 ca - 1570 ca), Vergine che allatta, 1511, Madrid, Prado
- Pieter van der Heyden (1637-1712) da un incisione di Peter Brueghel il Vecchio, (1528/30- 1569), La cucina dei grassi, 1563, Amsterdam, Rijksprentenkabinet.
- Jan Steen (1626-1679), La cucina dei grassi, 1650, collezione privata
- Jacob Jordaens (1593- 1678), Il concerto dopo il pranzo, 1640, Parigi, Louvre 8
- Juan Carreno de Miranda (1614-1685), Eugenia Martinez Vallejo detta la Monstrua vestida e desnuda, 1680, Madrid, Prado
- Antoine Van Dyck (1599 - 1641), Ritratto di bambina, Anversa Museo di Belle Arti
- Vincent Van Gogh (1853- 1890) Un bimbo, collezione privata
- Henri Rousseau (1844 - 1910), Un bambino tra gli scogli 1895-97, Washington DC, National Gallery of art
- Fernando Botero (1932), Una Famiglia, 1989.
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