Mio figlio ha 34 mesi e mi chiedo se questa è l'età giusta per spiegargli la situazione della sua famiglia. Noi viviamo ancora dai nonni e il papà non l'ha mai visto né sentito e penso che non lo vedrà mai (a meno che lui cambi radicalmente e voglia prendersi le sue responsabilità di padre). La maestra dell'asilo mi ha detto che mio figlio, sentendo gli altri bimbi che raccontano del papà, entra nel discorso anche lui scambiando il nonno per il papà. Tipo, gli altri bimbi dicono "Il mio papà è andato al lavoro questa mattina" E lui: "anche il mio". La maestra gli ha chiesto chi era il suo papà e lui tranquillamente gli ha risposto "nonno Luigi". In casa non lo chiama papà, né sembra aver scambiato mio padre e me per una coppia. Io ho provato a spiegargli che anche lui ce l'ha un papà ma che solo non vive con noi. Lui ascolta ma non dice niente né sembra turbato. Come posso fare? Sto sbagliando qualche cosa? In quali termini si può parlare ad un bimbo così piccolo di una cosa così complessa senza creargli sconvolgimenti psicologici?

Gentile signora, dalla sua lettera non mi è possibile capire come si sia evoluta la sua storia con il padre del bambino, quando sia avvenuta la vostra separazione e se lui abbia o meno riconosciuto la paternità. Mi pare tuttavia di capire che il padre sia, almeno per il momento, del tutto assente fisicamente e psicologicamente rispetto alla crescita di suo figlio. Cosa che certo non giova al bambino che, come ogni altro bambino, ha il diritto di poter contare su entrambe le figure genitoriali, simboli per lui di amore, fiducia, sicurezza ed entrambi modelli ugualmente necessari per la sua crescita sana ed armoniosa.

Non so, da quanto mi dice, se sia il padre a voler rimanere escluso dalla vita del bambino, o se sia invece lei ad impedirglielo. Ma se intravede anche solo la possibilità di cambiare questa situazione, e di poter quindi stimolare una attiva partecipazione da parte del suo ex partner all'educazione del bambino, lo faccia. E, per quanto le è possibile, cerchi, nonostante i dissidi che potreste avere voi adulti, di non parlare mai male al bambino del padre.

Ogni bambino ha il bisogno primario di una figura paterna a cui poter fare riferimento e, spesso, i bambini che per un motivo o per un altro sono lontani dal padre possono vivere angoscianti sensi di colpa che li portano a ritenersi responsabili dell'allontanamento del padre. I bimbi ragionano più o meno così: "Se se ne è andato, significa che non mi vuole, che io sono cattivo, che non valgo come gli altri che invece un papà ce l'hanno".

La situazione non è sempre così univoca, ma è sempre bene rassicurare il bambino sul fatto che la lontananza del padre non ha niente a che vedere con la mancanza di amore per lui, che il padre esiste e gli vuole bene, anche se lontano. Magari lontano perché "il rapporto con la mamma non andava come avrebbero entrambi voluto", questo lo spieghi lei come meglio crede. Ma cerchi di spiegare al bambino la situazione, usando metafore che fanno parte del linguaggio e della realtà consoni alla fase evolutiva del suo bambino.

Ma le sconsiglierei vivamente di parlare male a suo figlio del padre, magari riferendosi al fatto che "non si prende le sue responsabilità di padre". Ormai gli esperti sono arrivati unanimemente alla conclusione che il coinvolgimento dei figli nei dissidi coniugali sia uno dei fattori più drammatici della separazione. Il fatto invece che il bambino, quando è fra i suoi compagni, si riferisca al nonno come se fosse il padre è piuttosto normale e rientra nella sfera del "pensiero magico" che caratterizza la fase evolutiva che suo figlio sta attraversando.

È come se il suo bambino, davanti ai quei compagni che rappresentano i primi veri termini di un confronto fra pari, avesse il bisogno di sentirsi simile a loro, cosa che lo porta ad inventarsi una realtà che non corrisponde a quella effettivamente esistente. Francoise Dolto, una delle maggiori esperte di separazioni e psiche infantile, consiglia a riguardo di spiegare al bambino come sono realmente le cose; cosa i bambini facciano poi delle parole dette, è affar loro, nel senso che sono liberi di interpretarle come meglio credono.

I genitori dovrebbero però ribadire che si tratta di una loro libera interpretazione. Comunque sia, in assenza di ulteriori figure maschili, è un bene che il bambino possa quotidianamente stare a contatto con il nonno, che potrà almeno in parte sostituire l'assenza del modello maschile normalmente esercitato dalla figura paterna. Le faccio i miei migliori auguri.

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